Oggi parliamo del malessere e benessere delle persone quando vivono una relazione di coppia.

Voglio approfondire con te questo tema intervistando due colleghi con cui collaboro e che hanno aperto per me un varco di formazione professionale in quest’ambito.

giada

Voglio presentarteli: Giada Bruni e Raffaele Frisone, fondatori del CIPOG, Centro Italiano di Psicoterapia ad Orientamento Gestaltico.

Loro sono una coppia, sono psicoterapeuti e hanno deciso di lavorare con le coppie.

Ho voluto proporre a Giada e Raffaele alcune domande sul loro lavoro…raffaelechi meglio di loro può rispondere a queste scottanti domande?

 

Giada, da cosa nasce il vostro interesse nel lavorare con le coppie?

Da quando ho iniziato a lavorare come psicoterapeuta, mi sono accorta che chiunque si rivolge ad uno psicologo, ha sempre delle difficoltà in qualche relazione. Ci sono persone che hanno problemi con il datore di lavoro, altri con il vicino di casa, la suocera, i figli o i parenti. Ma soprattutto è nelle relazioni di coppia che le persone soffrono di più.

E’ infatti in una relazione di coppia, dove gli investimenti affettivi sono più profondi,  che possiamo vivere le più grandi gioie o le maggiori sofferenze, riconoscere le nostre irrealiste aspettative ed evitare drammatiche delusioni che possono segnare una vita.

Dal mio punto di vista, la relazione di coppia è la zona più sensibile di un’esistenza e rappresenta la possibilità di intervenire in modo più profondo sul disagio individuale che innegabilmente mette a rischio la società tutta.

Non dimentichiamoci infatti che da una coppia nascono i figli e come psicoterapeuta sento il dovere di proteggere i bambini, che saranno gli uomini e le donne del futuro, in un mondo, speriamo, sempre migliore.

Raffaele, e tu quando ti sei appassionato a questo preciso lavoro?

E’ un incrocio di interesse professionale, personale e di varie circostanze che ci hanno permesso di approfondire il lavoro in questo ambito.

Essere in coppia è un’esperienza di arricchimento incredibile, ma al tempo stesso il luogo dove nascono anche tante sofferenze, difficoltà e incomprensioni; è un posto dove scoprire nuove parti di sé ma anche dove perdere completamente la propria identità. Per questo la qualità della vita può cambiare radicalmente nel vivere un’esperienza di coppia positiva o negativa.

La coppia è un amplificatore naturale di emozioni, evidenzia fortemente le dimensioni personali “irrisolte” (lasciami usare le virgolette…) o quelle che hanno necessità di evoluzione.
Da soli è più facile seguire il proprio ritmo e i propri bisogni, mentre impegnarsi in una relazione senza perdere se stessi o rinunciare a parte della propria individualità è una sfida molto più difficile e alla quale spesso non si è preparati.
Questo processo a volte ha bisogno di un supporto ed è questo che sostanzialmente facciamo con il nostro lavoro.

Come mai avete deciso di lavorare sulle coppie e non sulla famiglia in generale?

Raffaele: Lavorare con la famiglia significa coinvolgere i figli nel processo di cambiamento che avviene in una terapia, ed è un processo che secondo me è prevalentemente a carico della coppia di genitori.

Non dico che non ci siano situazioni in cui è importante estendere la comunicazione e la ricerca di nuovi comportamenti a tutti i membri della famiglia, ma questo rappresenta comunque per me un’eccezione evitabile quando i genitori, la coppia di partner, si assume la responsabilità di un cambiamento di direzione anche all’interno del nucleo familiare.

Preferisco pensare che siano gli adulti a farsi carico dei problemi e ricorrere al coinvolgimento dei figli solo quando davvero siamo sicuri che questo sia necessario e abbia un senso.

Cosa deve accadere perché una coppia decida di farsi aiutare? Qual è secondo voi un campanello d’allarme per valutare questa possibilità?

Purtroppo per far sì che ci si rivolga ad un terapeuta di coppia deve accadere che il disagio sia manifesto ed evidente, cosa che nelle coppie ha sempre un connotato psicologico piuttosto pesante; difficilmente si chiede un supporto prima. Le persone arrivano ad intraprendere un percorso di terapia quando la coppia esplode o è vicina all’esplosione; i più sensibili lo fanno quando si trovano ad affrontare un cambiamento per cui si sentono impreparati.

Il campanello di allarme dovrebbe quindi scattare quando ti viene in mente che le cose con quella persona potrebbero andar meglio ma non sai come; quando sei dentro a un cambiamento a cui resisti; quando l’altro non risponde alle tue aspettative e cerchi di cambiarlo; quando la perfezione che cercavi non la trovi e questo ti fa mettere in discussione l’altro più che te stesso. Gravi campanelli sono poi esplosioni che arrivano a scatti violenti (fisici e non), ripercussioni sui figli, e tutto quel mondo di frustrazioni che si possono sperimentare in un rapporto che non sta dando nutrimento.

O forse anche quando ti ritrovi a leggere un articolo come questo e pensi che la tua coppia possa trarne giovamento….

Quando abbiamo bisogno di una mano è importante sapere che lì fuori si può trovare, no?

Giada,  per te com’è una bella storia d’amore?

Una buona relazione di coppia, è secondo me una coppia di due individui, diversi e sufficientemente autonomi. Una bella storia d’amore è una relazione dove viene mantenuto lo spazio reciproco di crescita di entrambi i partner. Non si sta allora insieme per dovere o solo per bisogno, ma per celebrare e sostenersi nel viaggio di un’esistenza, per pochi mesi o una vita intera.

Una coppia “sana” è una coppia di persone che si guardano l’un l’altra/o con generosità anziché con egoismo.

Raffaele, qual è la tua idea sulla coppia sana? Che caratteristiche ha secondo te?

Una coppia sana è una coppia di due individui, come tali diversi, in cambiamento costante, con i propri limiti e pregi, e con bisogni specifici e direi mai compatibili al 100%.
Quando la relazione non limita l’individualità, non sacrifica la creatività e la spontaneità in nome di un’etichetta rassicurante, lì inizia la possibilità di avere un rapporto appagante, di crescita insieme e quindi “sana”; non ho detto facile.

Un rapporto di coppia deve aggiungere qualcosa alla dimensione individuale e non come spesso accade, sottrarre. Non esistono ricette preconfezionate per questo: ognuno trova la sua misura ed è difficile individuare degli standard; però parlando di caratteristiche di un buon rapporto includerei la flessibilità al cambiamento, l’apertura a sperimentare forme nuove, il coltivare la consapevolezza di sé, il non aspettarsi che nella relazione si realizzino tutti i bi-sogni di una persona, e un buon grado di leggerezza nell’affrontare le pieghe dell’esistenza.

E quando una coppia scoppia?

Quando tutto quello che abbiamo detto finora non avviene o addirittura avviene al contrario. Chiusura, ostinazione a cercare nell’altro ciò che l’altro non è e non potrà essere per appagare tutte le nostre aspettative, voler cambiare il partner plasmandolo su di noi anziché rispettarne la differenza e chiederci se può andar bene per noi o meno.
Questi sono alcuni elementi che fanno saltare la coppia, scoppio che prende varie forme e spesso risente di determinati momenti critici, che in genere richiedono un cambiamento o una ridefinizione (la nascita dei figli è ad esempio una delle situazioni più emblematiche).

Giada, che cosa ti appassiona in questo lavoro? 

Immaginare e spesso sperimentare, la possibilità di rendere le persone più libere.

Libere di scegliere il modo di vivere la loro vita e su questa base dare loro l’occasione di incontrarsi in una relazione d’amore per chi sono davvero e non per chi credono o devono essere, finalmente fuori da condizionamenti inutili che limitano un’esistenza, rendendo tutti meno felici.

Mi commuovo sempre quando una coppia di persone si guarda e si riconosce per la prima volta, magari dopo trent’anni di matrimonio e può fare una verifica reale di compatibilità.

Lasciarsi o stare insieme a quel punto, diventa comunque una scelta d’amore reciproco.

E a te Raffaele?

Verificare ogni volta che le persone, se sostenute nel recupero delle proprie risorse, sono molto più sane di quanto anche loro stesse credono e che rispondono in modo eccezionale alla possibilità di cambiare, di crescere e di star meglio. Ovviamente essere parte di questo processo è eccitante ed emozionante, soprattutto quando vedi questi giardini rifiorire dopo lunghi inverni…!

Giada, che cosa vorresti dire alle coppie che ti stanno leggendo?

Innanzitutto che stare in coppia è molto difficile, ma allo stesso tempo può essere il più bel viaggio alla scoperta di sé e dell’altro che si possa immaginare.

Voglio dire loro di non scoraggiarsi e sentirsi gli unici responsabili di queste difficoltà, in un panorama dove non esiste una vera “pedagogia della relazione” e dove si rischia di passare da una storia all’altra, sacrificando i propri sogni ed essere sempre più delusi.

Credo che se molte più persone avessero la possibilità di intervenire, anche preventivamente, sul loro essere coppia, molta della magia di un incontro verrebbe protetta.

Raffaele, ti senti soddisfatto del tuo lavoro con una coppia quando… 

Quando vedo che riprende il naturale movimento d’onda all’interno di una relazione. Accogliere con naturalezza gli alti e bassi, ciò che è buono e ciò che è irritante, scendere dal piano ideale al pianeta essere umano. E’ da lì che comincia la possibilità di tornare a vivere con piacere; quando le persone riescono a stare con ciò che è anziché tentare di cambiarlo in base a dettami interni o esterni e per questo ritrovano il piacere di essere se stessi e di accettare gli altri.

Insomma quando persone che arrivano frustrate e preoccupate ritrovano il piacere di sperimentarsi con coraggio e autenticità nella propria unica esperienza e ricominciano a fare delle scelte consapevoli per la propria vita.

Poi può succedere che decidano di restare insieme o di prendere strade diverse: io non lavoro per l’uno o l’altro risultato, è una decisione che spetta a loro.

Cosa ne pensate del “per sempre”? che idea vi siete fatti voi: esistono coppie così durature? Se si, qual è secondo voi il loro segreto?

Il per sempre non esiste: è una questione sia di fisica che di filosofia. Nel momento stesso in cui vuoi una cosa per sempre stai bloccando la possibilità che domani sia diverso da oggi, e questo è un punto di partenza pericoloso, semplicemente perché non sarà così: è la realtà che non funziona così. Il cambiamento arriverà e tu sarai lì col tuo “per sempre” a cercare di incastrarcelo a forza. Per questo usare la parola “sempre” in coppia (ma per me anche nella vita) è una trappola esistenziale.

Però esistono coppie che possono passare la vita insieme e possono farlo bene, con piacere, con complicità e crescendo. Uscire dall’ideale che le cose siano per sempre, siano perfette, che saremo “sempre” felici, che staremo “sempre” insieme, che qualsiasi cosa succeda saremo lì, è un’ideale di un modello di relazione fiabesco che la realtà potrà facilmente deludere.
Ci sono quindi molte parole importanti per poter stare insieme a lungo che non siano il “per sempre”; personalmente metterei ai primi posti il rispetto, in tutte le sue accezioni: rispetto dell’altro come persona con il suo valore, per la sua diversità e la sua unicità. Rispetto per le fragilità, rispetto per i punti di forza. Non mi deve piacere “sempre”, ma è importante che io lo rispetti “sempre”, e quando questo non accadrà (perché sempre non esiste) è importante che ne sia consapevole e che possa comunicarlo senza giudizi di valore e quando occorre, ed è autentico, anche sapendo dire “mi dispiace”.

Raffaele, se dico tradimento tu come terapeuta di coppia dici…

Io dico cambiamento, che fa anche rima! Spesso il tradimento è l’espressione di rottura di uno schema fisso che non riesce ad interrompersi in altro modo e trova nel tradimento lo stereotipo di quel ceffone che ti fa rimettere in moto. Purtroppo è uno schiaffo doloroso, che ha a che fare con fattori culturali, sociali, di genere, ecc., e personalmente credo che con un po’ più di consapevolezza e comunicazione si possano trovare molti modi meno dolorosi di rimettere in moto un processo di evoluzione in una coppia, che porti anche alla fine di una storia se quello è il punto a cui si è giunti, ma in un modo che sia meno doloroso e traumatico.

Non penso che il tradimento in sé sia la fine di un rapporto, è sicuramente la fine di un tipo di rapporto e può essere l’inizio di un modo nuovo, ma il dolore che spesso le persone provano diventa un grande ostacolo ad una possibilità di evoluzione. E’ una cosa difficile da elaborare da soli.

Avete scritto un libro “E vissero (quasi) sempre felici e contenti. Perché “quasi”?

libroGiadaRaffaeleRaffaele: Sempre è una parola che non mi piace… si è capito, vero? E’ fissa, statica, richiama qualcosa di uguale a se stesso per l’eternità. E’ come il “mai”. Sono parole assolute e non servono a descrivere un’esperienza così ricca e imprevedibile come la vita. Figuriamoci una coppia….!

Se quindi si riesce ad essere “quasi” sempre felici e contenti mi sembra un grande risultato.

Un sogno nel cassetto….

Raffaele: Che sempre più persone si accorgano che siamo tutti diversi e che solo sulla base di questa diversità possiamo convivere e vivere. Che la diversità diventi un valore.
Vedere diffondersi una cultura della relazione (di coppia ma non solo) che faccia essere le persone meno sole, più libere e felici, capaci di diventare e rimanere se stesse…orgogliosi della propria unicità senza negare quella altrui.
Quando due persone, come due nazioni, come due pelli diverse, litigano e si scontrano in un conflitto, ciò che si sta affermano è il principio per cui se io sono diverso da te dobbiamo ingaggiare una battaglia su quale diversità dovrà affermarsi a scapito dell’altra.
Questo è triste…e il sogno è che possa essere sempre meno frequente.

Ovviamente non accadrà “sempre”, ma mi chiedevi un sogno no?

Grazie Giada e Raffaele!

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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