Marta e il suo partner sono seduti a un tavolo illuminato da una luce soffusa: è una serata tranquilla, cenano e sorseggiano un calice di vino. La conversazione, all’inizio leggera, prende una piega diversa. Lui parla di una situazione lavorativa che riguarda entrambi, ma il tono si fa più deciso, più intransigente. Marta sente le sue parole scivolare via, sommerse da quel monologo che non lascia spazio al suo punto di vista.

Esita. Vale la pena intervenire? Magari lui non se n’è accorto. Magari, se glielo faccio notare, rischio di sembrare accusatoria. Magari -pensa- la cena si trasforma in qualcosa di pesante, e lei odia i conflitti.

Ingoia le parole, stringe i denti. Un respiro più profondo del solito e alla fine decide di tacere. Ma la tensione diventa un nodo stretto in gola. Non è solo perché non è stata ascoltata. È perché si è fatta da parte. Ancora una volta.

Marta me lo racconta in seduta, con quel fastidio ancora appiccicato addosso.

Anch’io conosco quel fastidio che si incolla alla pelle quando mi faccio da parte per paura di essere troppo.

Quante volte ci siamo trovati in questa situazione?

Forse non a cena con il partner, ma in famiglia, quando il nostro punto di vista viene minimizzato con un sorriso di circostanza. A lavoro, quando un collega ci interrompe continuamente e ci ritroviamo a stringere la penna con troppa forza. O con un capo che non perde occasione di correggerci aspramente. O ancora, con un amico, quando cediamo sempre per evitare una tensione che sembra insostenibile.

Momenti in cui i nostri bisogni di riconoscimento, di rispetto, sembrano non trovare spazio, e noi temiamo di chiedere di più.

Ci succede perché spesso pensiamo che il conflitto equivalga a una battaglia persa, e che chi lo affronta stia dichiarando guerra.

La fatica di dire “mi sta a cuore” senza sentirci in difetto

Siamo cresciuti con l’idea che il conflitto sia sinonimo di rottura, che un confronto aperto possa spaccare le relazioni come una crepa in un bicchiere di vetro. Eppure, evitare a tutti i costi un confronto non ci rende più pacifici, ma solo più silenziosi, più risentiti e invisibili.

Il conflitto è inevitabile nelle relazioni umane. Non è un attacco, ma un’opportunità per far emergere bisogni diversi. È uno spazio per aprire un dialogo più profondo, per crescere insieme.

Il conflitto non è una guerra, è una possibilità di maggiore intimità

Pensiamo a tutte le volte in cui avremmo voluto dire non mi sta bene, ma abbiamo ingoiato parole ed emozioni per paura di incrinare un legame. O alle volte in cui abbiamo esagerato, alzando la voce, per poi sentirci in colpa per aver rovinato tutto.

Forse potremmo imparare a stare dentro ai conflitti senza fuggire e senza combattere. Si tratta di acquisire una competenza conflittuale, ovvero la capacità di stare nei conflitti con l’intenzione di scoprirci meglio: di cosa ho davvero bisogno io dietro queste richieste che avanzo? E tu di cosa hai profondamente bisogno?

 

Da cosa iniziare per allenare la nostra competenza conflittuale?

  • Accettare che il conflitto è normale. Non significa che la relazione sia danneggiata, ma che esistono bisogni diversi da far dialogare.
  • Dare nome a ciò che proviamo: rabbia, frustrazione, disagio: sono segnali importanti che ci parlano di ciò che davvero conta per noi;
  • Esprimere i nostri confini senza paura. Non serve urlare o essere aggressivi. A volte basta dire con chiarezza: Preferirei che fosse così oppure Questo per me è importante.
  • Ascoltare davvero. L’altro non è solo un avversario, ma una persona con bisogni e punti di vista che possiamo cercare di comprendere, anche quando non siamo d’accordo.

Forse, se Marta avesse trovato il coraggio di portarsi nella conversazione con il suo partner e di rispettarsi, avrebbe posato il bicchiere, alzato lo sguardo e detto con tono fermo e gentile: Scusami se ti interrompo, vedo che non stai prendendo in considerazione il mio punto di vista: te ne accorgi? È importante per me che tu ascolti anche quello che ho da dire.

Forse il partner avrebbe accolto le sue parole con apertura, forse si sarebbe irrigidito. Ma ciò che conta è che Marta avrebbe dato voce a se stessa, senza ingoiare i suoi bisogni per paura di una discussione.

Farsi valere non significa evitare i conflitti, ma imparare a viverli in modo sano e costruttivo. E questa è una competenza che possiamo costruire, un giorno alla volta.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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