Succede quasi sempre la sera, -mi dice Elena- quando finalmente la casa tace, i giochi sono stati sistemati alla meglio, la luce è bassa e mi butto sul divano. Ho la coperta sulle gambe, Netflix acceso, ma non guardo davvero. E poi mi arriva quella voglia. Una voglia precisa. Di qualcosa di dolce. O salato. Qualcosa che mi faccia compagnia. Che mi distragga da non so nemmeno cosa, a volte.
Mi racconta di alzarsi piano, senza fare rumore, di aprire la dispensa e guardarla come se cercasse qualcosa di importante. “Non è fame,” mi dice, “lo so, ma quel pezzetto di cioccolato, quella manciata di patatine sembrano promettere un sollievo. E per un attimo, funziona.”
Le sue parole mi sono rimaste addosso. Perché raccontano qualcosa che, in fondo, ci riguarda tutti.
Perché mangiare è anche un’esperienza emotiva. È ricordo, conforto, rituale.
È un gesto che abbiamo imparato da piccoli, quando una carezza mancava e arrivava un biscotto. Quando un pianto si placava con un biberon o un cucchiaino di pappa. È umano. È tenero, se ci pensiamo: da neonati il nutrimento e l’amore coincidono del tutto.
Poi, da grandi può succedere a volte che il cibo diventa un rifugio. L’unico modo che conosciamo per procurarci un po’ di piacevolezza per attraversare una giornata difficile, per placare l’ansia, per spegnere la noia o riempire un vuoto.
Cosa bussa alla porta: la fame o un’emozione?
Imparare a distinguere la fame fisica da quella emotiva non è un esercizio di autocontrollo. È un atto di ascolto. Di cura. E non è per tutti così facile.
La fame fisica cresce piano, parte dallo stomaco. La sentiamo nel corpo. Arriva anche quando siamo sereni.
La fame emotiva, invece, è più impaziente. Vuole qualcosa subito. È spesso legata a un’emozione per noi difficile da gestire: solitudine, frustrazione, senso di vuoto, noia, stanchezza.
Un piccolo esercizio che possiamo provare è fermarci un istante, prima di aprire la dispensa, e chiederci: cosa sto davvero cercando in questo momento? Ho fame o ho bisogno di altro?
Forse non sempre troveremo una risposta chiara ma anche solo farci la domanda cambia qualcosa: interrompe l’automatismo. Ci rende più presenti. Più gentili con noi.
Esistono diversi tipi di fame
Secondo alcuni studiosi, esistono nove tipi di fame. La fame degli occhi, del naso, della bocca, dello stomaco. Ma anche la fame del cuore e della mente.
Mangiamo perché vediamo un colore invitante, sentiamo un profumo che ci attira, desideriamo una certa consistenza in bocca, o abbiamo bisogno di colmare un vuoto più sottile, più interno.
La mindfulness, la pratica dell’ascolto presente e non giudicante, può aiutarci proprio in questo: a distinguere con più precisione se stiamo rispondendo a una fame del corpo, o a un’emozione. A rallentare. A dare un nome al nostro sentire. E a scegliere, anziché reagire in automatico.
La fame come segnale
Può darsi quindi che cerchiamo il cibo anche quando il corpo non lo reclama ma è qualche emozione che bussa alla porta e chiede di essere regolata.
La fame emotiva quindi è un segnale, una voce che ci dice: “Ehi, qui c’è qualcosa che merita attenzione”.
Cosi, possiamo fermarci e domandarci: Di cosa ho bisogno davvero? Di una pausa? Di una coccola? Di un messaggio a un’amica? Di silenzio? Di piangere? Di dormire un’ora in più?
Il punto non è smettere di mangiare se non ci sono i classici “morsi della fame” – il cibo è anche piacere, condivisione, un rito che spesso ci tiene insieme.
Il punto è ampliare le risorse, arricchire la nostra cassetta degli attrezzi interiori. Sapere che possiamo consolarci anche in altri modi, a volte più efficaci, più nutrienti per il nostro sentire.
Possiamo iniziare a riconoscere le nostre abitudini con tenerezza. Senza giudicarle. A volte, possiamo semplicemente riconoscere la nostra fame di piacere o di conforto e dire grazie a quel pezzo di cioccolato che ci ha fatto compagnia. E nello stesso tempo, domandarci: C’è un altro modo, oggi, per prendermi cura di me?
Magari una passeggiata lenta, il viso al sole. Una canzone ascoltata a occhi chiusi. Una pagina da scrivere senza censure. Un abbraccio da chiedere senza vergogna.
Un invito per passare dalla teoria alla pratica
Questa settimana, se ti capita di sentire una fame improvvisa, prima ancora di cercare cosa mangiare… prova a fermarti e chiederti: “Che tipo di fame sto provando? Cosa mi serve davvero, in questo momento?”
Non per cambiare subito qualcosa. Solo per iniziare ad osservare ed ascoltarti, un morso alla volta.
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