Ci sono esperienze emotive che si presentano nelle nostre giornate come il mare in tempesta: tutto agitato, con onde fortissime e continue che creano confusione. In quei momenti ascoltarsi fa paura perché non sappiamo cosa potrebbe accaderci stando immersi in quell’emozione: dopo arriverà davvero la quiete? Scappare non è la cosa più logica?

 

Per sicurezza, evitiamo

Tempo fa sono stata colta da un acquazzone improvviso e abbondante mentre ero al parco insieme ad un amico; quando ho realizzato l’intensità del temporale ho cominciato a correre per raggiungere al più presto la macchina.

Il mio amico al contrario non sembrava preoccupato e osservandomi mi ha detto “ma perché dobbiamo correre?”. In effetti. Non so se fosse abbastanza pragmatico da capire che ci saremmo bagnati comunque o se avesse troppe poche energie da mobilitare, fatto sta che ci siamo gustati la pioggia, le risate, i vestiti bagnati e l’esperienza di procedere senza urgenza verso la macchina: niente di pericoloso, qualche conseguenza insolita e fastidiosa, e qualcuna abbastanza piacevole da far finire quell’episodio nei ricordi che strappano un sorriso, anche adesso mentre scrivo.

A volte evitiamo di attraversare le tempeste improvvise o inaspettate delle nostre emozioni guidati dall’idea che siano sempre pericolose. Ci sentiamo impreparati a fronteggiare i nostri stravolgimenti emotivi.

Evitiamo di esprimere la nostra rabbia perché così evitiamo di fare i conti con un eventuale conflitto che porterebbe –almeno nelle nostre fantasie- al deterioramento o alla perdita di un rapporto. Oppure evitiamo di esprimere la nostra paura per il timore di sembrare fragili; facciamo a meno di esprimere la nostra fatica e stanchezza per non risultare lagnosi e pesanti. Evitiamo di scegliere perché abbiamo paura di cosa potremmo sentire se realizzassimo di aver sbagliato. 

Ci logoriamo spesso in questo lavoro di pre-visione in cui evitiamo di sperimentare com’è provare tristezza, paura o rabbia e cosa possiamo fare per noi in quei momenti.

Non esistono emozioni negative, solo emozioni difficili da attraversare e da decifrare, fino a quando non diventano familiari per noi. 

In queste occasioni la nostra difficoltà dipende dal fatto che le emozioni difficili non nascono neanche dall’esperienza ma dalla pre-visione di una tempesta alla quale ci prepariamo con un carico di richieste interne molto pretenziose su come dovremmo attraversarla.

L’altro giorno durante un colloquio un ragazzo mi raccontava della fatica e dell’ansia che avvertiva all’idea di affrontare una giornata significativa per lui. Sappiamo affaticarci molto -anche fisicamente- con queste previsioni su come ci sentiremo se faremo quella data cosa, “come ci sentiremo se non riusciremo a tenere tutto sotto controllo, cosa ci accadrà se non riusciremo a fare le cose in un determinato modo, se non raggiungeremo quel risultato.

Tutto questo chiacchiericcio della nostra mente narrativa ci mette a distanza dall’esperienza; noi ci mettiamo sotto sforzo fino a sentire di non farcela, di non essere abbastanza, di essere stanchi, in ansia e spossati.

L’esigenza di capire

 

A volte è come se non avessimo il vocabolario per dare un nome a quello che ci succede dentro, e per dare un senso a quello che ci accade facciamo inabissare i fatti in un oceano di ragionamenti o previsioni. Magari trascorriamo molto tempo a rimuginare alla ricerca di spiegazioni adatte a capireperché è successo” o “perché l’ha fatto”? e se avessi fatto in quel modo sarebbe andata diversamente?

Tutto questo ragionare e ripensare non fa altro che intorbidire ancora di più le acque. Alimentiamo il chiacchiericcio della mente, anziché imparare con l’esperienza come attraversare il guado, e poi ripararci e confortarci quando attraversiamo emozioni difficili. 

 

Lasciare andare le storie e trovare in profondità l’emozione

Quando il mare è in tempesta, occorre andare un po’ in profondità per ritrovare la calma. Cosi quando attraversiamo emozioni difficili abbiamo bisogno di riuscire a dare un nome a ciò che sentiamo, e utilizzarlo come una bussola per orientarci verso ciò di cui abbiamo bisogno.

Quando proviamo emozioni difficili e lasciamo andare le parole e la storia che stanno in sottofondo rispetto all’esperienza, rimaniamo in compagnia della sola emozione. Impariamo ad accoglierci quando siamo tristi, spaventati, invidiosi arrabbiati, noiosi. Non lasciamo fuori nessuna parte di noi, nessuna emozione che ci riguarda.

La mindfulness ci aiuta a fare questo: a distinguere il chiacchiericcio dei pensieri e delle storie che ci raccontiamo, e ci permette di incontrare le emozioni così come sono: nel corpo, nelle sensazioni fisiche. Ci aiuta a tornare all’essenziale, a fare amicizia con tutte le parti di noi.

Lo facciamo insieme in questo percorso di gruppo: respiro dopo respiro, impariamo ad accoglierci cosi come siamo. E ad abbracciare la nostra vita cosi com’è: un avvicendarsi imprevedibile di emozioni piacevoli, spiacevoli e neutre.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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