Succede all’improvviso. Diciamo qualcosa di troppo in una conversazione, ci dimentichiamo un impegno importante, prendiamo una decisione avventata. Appena ce ne accorgiamo, il cuore accelera, lo stomaco si stringe, e nella testa parte un film già visto: Ma perché ho fatto così? Lo sapevo che sarebbe finita male! Sono sempre il solito…
Mattia lo sa bene. Mi racconta che ieri ha fatto un errore nel report che doveva consegnare, nulla di grave, eppure non riesce a smettere di pensarci. Il suo capo gli ha semplicemente chiesto di correggerlo, ma nella sua testa è già diventata una condanna: Sono sempre il solito distratto, come ho fatto a non accorgermene? Il resto della giornata è un continuo rimuginare: avrebbe dovuto ricontrollare, avrebbe dovuto fare più attenzione, avrebbe dovuto…
E poi c’è Andrea, mio figlio. Stamattina, per la festa del papà, aveva preparato tutto con cura: i suoi disegni, le sorprese, e persino una torta al cioccolato con mousse ai frutti di bosco, decorata con dei fiori che gli erano piaciuti tanto. Voleva svegliare il papà con un dolce, ma preso dall’entusiasmo, la torta è finita rovinosamente a terra. E con lei, anche la sua gioia.
Andrea è scoppiato a piangere disperato. Per colpa sua aveva rovinato la festa del papà. Gli ho fatto notare che nessuno lo stava rimproverando, che avremmo rimediato, ma lui mi ha risposto: Lo so, mi sto rimproverando io!
Quante volte facciamo lo stesso? Ci trattiamo con una durezza che non riserveremmo a nessuno.
Forse sarà capitato anche a noi di rispondere di getto a qualcuno e pentircene subito dopo. Oppure di accettare un impegno che non volevamo, di rovinare qualcosa a cui tenevamo, di sentire che avremmo potuto fare meglio e non l’abbiamo fatto. Magari feriamo qualcuno senza volerlo o semplicemente non siamo all’altezza delle nostre aspettative.
E la rabbia rimane lì, che ribolle dentro, ma non possiamo prendercela con nessuno, perché l’unico responsabile siamo noi.
Questa rabbia ha qualcosa da dirci. E forse, invece di combatterla, possiamo provare ad ascoltarla.
Quando siamo arrabbiati con noi stessi
Quando incontriamo la nostra fallibilità spesso parte dentro la nostra testa il solito copione: Ma perché ho fatto così? Sono sempre il solito! Non imparerò mai!
La rabbia verso noi stessi è una di quelle emozioni che si incastrano dentro. Non possiamo sfogarci su qualcuno, non possiamo fare pace con un altro, perché il destinatario del nostro risentimento siamo noi.
E a volte, paradossalmente, è quasi più semplice così: almeno non dobbiamo confrontarci e affermarci con nessuno, la battaglia resta solo tra noi e noi.
Cosi, la teniamo dentro e la trasformiamo in rimuginio, autocritica spietata, tensione che si accumula nelle spalle, nello stomaco, nel respiro che si fa più corto. Altre volte, possiamo tradurla in comportamenti che ci fanno male: mangiare troppo, ferirci, trascurarci.
Ma se provassimo a fermarci un attimo? Se invece di buttarci addosso altre colpe, provassimo ad ascoltare questa rabbia
Perché ce l’abbiamo con noi stessi
Di solito accade perché ci importa. Se non avessimo aspettative, se non ci tenessimo, non ci arrabbieremmo affatto. La rabbia arriva perché volevamo fare meglio, perché volevamo essere diversi, più attenti, più saggi, più… perfetti?
A volte, però, la rabbia è solo una copertura. Sotto c’è qualcosa di più difficile da sentire: paura, vergogna, senso di inadeguatezza. E allora ci mettiamo a punirci, come se bastasse farci sentire abbastanza in colpa per non sbagliare più, per rimettere in ordine le cose. Ma non funziona.
Quando la rabbia non aiuta (e ci incastra ancora di più)
Se bastasse arrabbiarsi con noi stessi per diventare persone migliori, saremmo tutti perfetti. Ma più spesso succede il contrario: ci blocchiamo, ci chiudiamo, ci convinciamo di essere difettosi.
Pensiamo a cosa faremmo con un amico in difficoltà. Se venisse da noi dicendo Ho sbagliato tutto, sono un disastro, probabilmente gli diremmo qualcosa tipo: Dai, può capitare. Vediamo cosa si può fare adesso.
Ma allora perché con noi stessi siamo severi e puntivi?
Imparare a trattarci in un altro modo
Non si tratta di ignorare gli errori, ma di smettere di attaccarci senza pietà e di lasciarci affondare nei sensi di colpa.
Magari possiamo chiederci: questa rabbia cosa vuole dirmi? Mi sta segnalando un valore importante per me? Un bisogno che non sto ascoltando?
Possiamo ricordarci che sbagliare non significa essere sbagliati. E che non dobbiamo per forza scegliere tra l’autocritica feroce e il far finta di niente.
C’è anche una terza strada: quella di prenderci per mano e chiederci Come posso rimediare? Cosa posso fare di diverso la prossima volta? Come posso vedere me stesso/a rispetto ai miei bisogni di questo momento?
E nel frattempo, magari, possiamo anche muoverci un po’, sciogliere quella tensione che la rabbia ci lascia addosso. Fare una passeggiata, respirare più a fondo, lasciare che il corpo ci aiuti a rimettere le cose in prospettiva.
Perché alla fine, sì, tutti sbagliamo. Ma il punto non è evitarlo a ogni costo. Il punto è imparare a restare dalla nostra parte, anche quando succede.
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