Oggi ti parlo di pazienza, in particolare di quella che dobbiamo concedere a noi stessi, e non solo agli altri, per imparare a volerci più bene. Sono sincera, io non sono per niente pazienza di natura. Eppure le persone che mi conoscono mi reputano paziente: in effetti mi sono allenata per anni e oggi posso sfoderarla quando mi accorgo che è proprio necessaria. Ma ho dovuto imparare, col tempo, a fare amicizia con le attese, i tempi vuoti, le insoddisfazioni da “voglio tutto e subito”.
Conosco persone davvero molto pazienti, di quelle che provano e riprovano, che aspettano con determinazione, continuando a fare quello che desiderano o ritengono giusto, senza spazientirsi. E mi stupisce sempre la sensazione che trasmettono: di essere “a fondo perduto”, di avere una grande fiducia negli altri e in se stessi.
Ecco, secondo me essere pazienti soprattutto con se stessi è un atto di fiducia e d’amore nei nostri confronti.
Significa darsi tempo: per provarci, per sperimentare, per sbagliare e ricominciare, per cadere e rialzarsi. Tempo per fermarsi e fare chiarezza, per lasciare che cose poco definite prendano forma, per dare un nome alle cose e per sentire che effetto ti fanno. E anche tempi vuoti per “non fare” o prendersi una pausa, per ascoltare il vicino che incroci per le scale, o per ricambiare il sorriso stanco della commessa al supermercato.
E tu? Lo sei di natura o tendi a spazientirti facilmente?
Se, come me, hai bisogno di allenarti tutti i giorni per coltivare la pazienza puoi iniziare da queste domande:
- Cosa succede se non mi sbrigo e non ci dò dentro facendo un sacco di cose? Darsi tempo infatti significa concedersi anche degli spazi vuoti, senza un’attività che reputi utile o che ti fa sentire efficiente. Uno spazio in cui puoi semplicemente stare, senza che ti dia sui nervi!
- Cosa posso togliere, quale attività posso eliminare dal programma della mia settimana? Siamo abituati a riempire il tempo. E se invece imparassimo a svuotarlo?
- Cosa posso ascoltare se mi permetto di “stare”? Qualche volta le nostre attività e le nostre agende super imbottite ci impediscono di fermarci ad ascoltarci. Sono un’occasione per evitare di tendere l’orecchio e dare importanza alle emozioni e i pensieri che vengono a galla quando interrompiamo il nostro correre continuo. Che ne dici di partire da questa possibilità e darti un po’ di tempo per farti delle domande e lasciare emergere le risposte, ascoltando il nostro silenzio? Provaci! E fammi sapere come va.
Leggendo questo post ti è venuta in mente quell’amica o quel collega che è sempre in modalità trottola, e tende a spazientirsi facilmente? Condividi questo post proprio con lei, con quelle persone a cui vorresti dire di essere più pazienti con se stessi, di darsi tempo e fiducia. Potrebbe essere proprio il tuo sguardo paziente ad aiutarla!
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