Quando viviamo un momento difficile o semplicemente una giornata no in cui non ci sentiamo al top delle nostre risorse, spesso ci sentiamo incalzati da consigli energici e perentori su cosa dovremmo fare per reagire, per ritornare ad essere di buon umore, ottimisti, energici. Sono dritte che ci danno gli altri o sono critiche e pretese che nutriamo noi verso noi stessi.

Spesso mi viene chiesto “come fai ad essere sempre su, sempre solare?“; lo prendo quasi sempre come un complimento timido, fatto da quelle persone che a volte preferiscono mettere un punto interrogativo alla fine di un’opinione, per rendere meno incisive le proprie affermazioni. La tratto comunque come una domanda e quindi rispondo che, ovviamente, non sono sempre su e non sono sempre solare. Non potrebbe essere altrimenti e non lo pretendo da me, sinceramente. Provo un po’ di tenerezza però per chi formula quella domanda: è lui/lei che desidererebbe essere sempre su e avere assi nella manica per arginare e reagire ai momenti difficili?

Di questo argomento ne ho parlato nella puntata del podcast che trovi quassù e torno a parlarne qui, per approfondire alcune questioni legate al permesso che ci diamo di vivere un momento difficile.

 

È normale vivere con fatica le cose difficili

Invitarci a reagire sempre, a non essere tristi, giù di morale, abbattuti, significa alimentare l’idea che queste emozioni e queste esperienze interiori siano da allontanare, non ci spettino e, a qualche livello, che possa essere pericoloso viversele. A furia di pretendere cosi tanto da noi stessi, possiamo costruirci una realtà, anche emotiva, fondata sulle fantasie più che sulla realtà. Finiamo per essere cosi severi da non concederci neanche di poter star male quando qualcosa ci tocca davvero.

E’ normale sentire la fatica, la tristezza, la rabbia e l’impotenza quando attraversiamo un momento difficile. Possiamo concedercelo? Puoi concedertelo? Quali obiezioni hai a riguardo?

Le ragioni che ascolto più spesso riguardano la paura di rimanere avviluppati nella tristezza, quindi di cadere nella depressione come si suol dire; oppure sono paure relazionali legate al timore di risultare rancorosi e poco piacevoli per gli altri generando conflitti e rotture in qualche relazione.

Temiamo proprio le cose con cui abbiamo poca confidenza e il paradosso è che meno frequentiamo certe emozioni più alimentiamo la paura di viverle. Io, per il lavoro che faccio, frequento le emozioni e mi sento di poter dire che vivere con sincerità le nostre esperienze non equivale a cadere nelle sabbie mobili e rimanere in balia di ciò che sentiamo. Sentirci in difficoltà va bene, non è un sintomo di interesse clinico. Concederci di sentire ciò che sentiamo è il primo passo per incuriosirci e decifrare le emozioni.

Forse quello che dovremmo chiederci è: l’emozione che sto sentendo adesso è coerente con quello che sta capitando? Se sono stato scavalcato da un collega rispetto al mio ruolo, perché non dovrei sentirmi arrabbiato? Se sto facendo i conti con la chiusura di una relazione perché non dovrei sentirmi triste e senza forze? se una persona ha disatteso una promessa perché non dovrei sentirmi delusa e triste?

Se invece ci accorgiamo di rimanere cristallizzati in un’emozione spiacevole, da tanto tempo e a prescindere dall’esperienza che stiamo facendo, allora possiamo poggiare l’attenzione su quello che sta succedendo per prendercene cura. Ma questa è un’altra storia.

 

Prima di reagire, fermati ad osservare

Il punto non è fare o non fare qualcosa per sbarazzarci velocemente dell’emozione sgradita, ma fermarci ad osservarla per poter comprendere cosa sta succedendo, di cosa abbiamo bisogno davvero e come possiamo imparare a confortarci. Spesso invece la nostra prima reazione è passare alla modalità di risoluzione del problema senza prima fermarci per prenderci cura delle nostre esigenze emotive: vogliamo gestire (che parola orribile!) le nostre emozioni, più che avvicinarle. Ma le emozioni sono bambine: non amano essere gestite, vogliono essere ascoltate e basta.

Se lo facessimo con un’amico in difficoltà si sentirebbe irritato e incompreso: quando qualcuno ci racconta un’esperienza difficile non vuole subito soluzioni, vuole essere compreso, vuole comprendersi.

Reagire impulsivamente per accantonare ciò che non va o per contrastarlo con forza è una risposta difensiva ed è una reazione fisiologica ad una situazione stressante e inattesa. E’ una strategia veloce, automatica. E nelle situazioni effettivamente pericolose ci protegge; ma in tutte le altre situazioni ci scherma inutilmente.

Quando ci diamo la possibilità di passare dalla logica dell’agire a quella dell’ascoltare, ci accorgiamo che quel tempo, più lento, che ci serve per mettere insieme quello che è successo fuori, il significato che ha per noi e di cosa abbiamo bisogno adesso, è tutto quello che ci serve per scegliere, consapevolmente, come rispondere a quell’esperienza.

 

Non c’è bisogno di un tempo supplementare

Scartiamo questa opzione dicendoci che non abbiamo abbastanza tempo per fermarci, riflettere, ascoltare, comprendere e scegliere cosa ci fa stare bene. Ma la verità è che il più delle volte, non c’è bisogno di un tempo supplementare per fare tutto questo: basta aggiungere presenza e attenzione al tempo che abbiamo. Quando riusciamo ad entrare in contatto con noi stessi mentre attraversiamo le esperienze che stiamo vivendo, quando riusciamo a starci vicini con intimità, non serve aggiungere altro.

Quando succede questo diventiamo più gentili con noi stessi e più “capienti” con gli altri: riconosciamo che siamo tutti nella stessa barca e che -come diceva Terenzio- ci riguardano tutte le emozioni perché siamo esseri umani. Dietro ognuna di esse c’è l’opportunità di incontrare una parte di noi, un bisogno che chiede di essere ascoltato.

E tu che rapporto hai con i momenti difficili? Come ti sostieni per affrontarli? Raccontami la tua esperienza se ti va: condividere è l’unico modo per sperimentare che siamo tutti nella stessa barca.

Se invece vuoi iniziare ad esplorarli insieme a me, scrivimi cosi ci troviamo a quattr’occhi; se vuoi solo un po’ di tempo per iniziare ad ascoltarti ed entarre in sintonia con te, hai sempre questa possibilità.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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