C’è un’emozione che tendenzialmente non ci piace provare: la rabbia. Ci hanno insegnato che non sta bene esprimerla e forse qualche volte sono intervenuti con noi per placarla come fosse un mostro da rabbonire. Senza volerlo, ci hanno insegnato a fare una certa confusione tra rabbia, impulsività e comportamenti violenti.
Io sono di parte perché alle mie parti arrabbiate devo molto e quindi spesso provo grande curiosità e interesse verso quelle delle persone che incontro. Ho fatto l’esperienza che quelle parti più infastidite e inclini alla protesta mi portano dritta dritta verso un bisogno più tenero che chiede di essere ascoltato.
Da piccola dovevo essere spesso irritata e arrabbiata: mi dicevano che da grande avrei dovuto fare l’avvocato per via dell’energia che mettevo nel perorare le mie cause. Oggi ho imparato a moderare quella forza, forse perché ho semplicemente preso più confidenza con ciò che sento e soprattutto con la mia capacità di proteggermi e affermarmi. Potrei dire – col senno di poi e con la consapevolezza che proviene dai miei anni di psicoterapia- che quella bimba non sapeva come difendere le proprie parti vulnerabili da tutte le sfumature di prevaricazione: si arrabbiava perché si sentiva invisibile.
La rabbia è un’emozione fondamentale
Il punto è che la rabbia in se -se non dà esito a comportamenti distruttivi- è un’energia fondamentale, come l’amore. Sai a cosa serve la rabbia nello spazio tra noi e l’altro? A regolare la relazione: aiuta noi a farci presenti dicendo cosa sentiamo e cosa pensiamo e, al contempo, aiuta l’altro a tenere conto di queste informazioni.
Ecco perché è importante dirla, esprimerla, con le parole, affinché non diventi violenza che agiamo sottotraccia con noi stessi, con l’altro, o nel sottofondo della relazione (ironia, sarcasmo, svalutazioni ed evitamento cosa sono se non fuoriuscite di rabbia in modi che riteniamo accettabili per noi?).
La rabbia ci aiuta dunque a lasciarci vedere rispetto ad una parte più vulnerabile che in quel momento l’altro ha -dal nostro punto di vista- ingiustamente ignorato.
Ripristinare il confine
Cosi, occuparci di quello che ci irrita, ci scuote e ci infastidisce significa occuparci di noi e della relazione. Vuol dire ripristinare un confine saggio tra i nostri bisogni più profondi e quelli dell’altro.
Per farlo dobbiamo allenare la nostra competenza conflittuale che non vuol dire incoraggiarci ad essere belligeranti nella vita ma piuttosto imparare a non rinunciare a stare nelle scomodità delle relazioni.
Ci è utile farlo per darci il diritto di portare fuori la nostra voce e per imparare a trovare nuovi accordi sulla linea di confine tra noi e l’altro: non è forse questo di cui abbiamo più bisogno come individui e come comunità?
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