Se pensi a un colloquio con uno psicologo quali sono le prime immagini che ti vengono in mente? Spesso l’immaginario è quello di un lettino, di un estraneo che pensieroso ti ascolta, prende appunti e ti dice cosa devi fare o il motivo recondito per cui hai un certo comportamento. Ci hai pensato anche tu? Oppure ti aspetti una chiacchierata per avere dei consigli?

Spesso durante il primo incontro accolgo persone che si portano dentro alcune di queste aspettative e qualche domanda esplicita: “come funziona? Non so da dove si comincia”

Come inizia una relazione terapeutica:il primo incontro

In questo post voglio raccontarti come inizia una relazione terapeutica, cioè cosa accade al primo incontro e che cosa lo differenzia da un confronto che potresti avere con un buon amico.
La premessa per l’inizio di una relazione terapeutica è che la persona stia sperimentando tre condizioni:

1. sta vivendo una situazione disagevole (con se stessa e con gli altri) che ha dei costi importanti nella propria quotidianità, perché limitano qualche libertà o bisogno;
2.che desidera cambiare la situazione che la mette a disagio. Questo permette di passare dal dire “è normale litigare in coppia, succede a tutti” a “sto molto male dentro questa relazione conflittuale. Non so cosa fare ma so che voglio cambiare questa situazione”
3. Che può chiedere aiuto senza giudicarsi troppo per questo.

Se ci sono queste tre premesse spesso si arriva al primo incontro. E cosa avviene?

Qui ti racconto quello che scelgo di fare io e ti porto come ospite dentro un primo incontro tipo.
Quando avviene dal vivo, le persone mi hanno detto che si sono sentite aspettate in un ambiente accogliente. Ma è davvero così importante l’ambiente? Oh si, io credo di si! I posti, in silenzio, sono capaci di dirti molte cose: ad esempio nella sala d’attesa che ho creato nel mio studio, ho creato un piccolo angolo ristoro. Le persone arrivano spesso di corsa e frastornate da ciò che vivono. La sala d’attesa è il primo posto in cui si possono soffermare qualche minuto per prendere un thè, un biscottino, un bicchiere d’acqua. Quel posto ti dice: fermati, respira, c’è qualcosa di cui hai bisogno per rifocillarti? Prendilo!

Se invece il primo incontro avviene su skype, ci sono le parole delle prime mail che suggeriscono questo clima.

Poi ci accomodiamo nella stanza dei colloqui, ognuno su una poltroncina, a quattr’occhi, ciascuno con la sua dose di curiosità.

E qui iniziamo conoscerci: io inizio ad ascoltare chi ho di fronte, ma anche me stessa per sentire se posso essere uno strumento di aiuto per quella persona. Ascolto la storia di chi ho di fronte e aiuto a raccontarla usando delle domande che creano nuovi nessi tra i fatti vissuti, i significati a cui sono legati, quello che sente e quello che pensa. Non è un ascolto passivo a cui segue un verdetto, è un incontro in cui collaboro attivamente facendo alcune domande capaci di attivare dei processi di ricostruzione di senso, di connessioni tra i fatti della sua storia che oggi costituiscono un problema. Non so se ci hai fatto caso, ma quando racconti qualcosa di te a ruota libera, il tuo solito modo di raccontarti risente dei tuoi schemi per leggerla, dei tuoi significati, delle tue etichette. Il mio aiuto ti permette di passare dai fatti a ciò che vuoi per te.

Poi esploriamo i desideri: cosa la persona immagina/desidera che io possa fare. Questo è un momento molto importante per me. Conoscere la soluzione immaginata e desiderata dall’altro è conoscere ancora un po’ in profondità l’altra persona. Non posso e non voglio mai dare per scontato cosa sia meglio, cosa sia più giusto fare in quella data situazione. Incuriosirmi per la soluzione desiderata dall’altro mi permette di vedere il mondo con i suoi occhi!

A questo punto è il momento di iniziare a costruire un obiettivo, una meta che si vuole raggiungere. Non un vago punto di arrivo però! Un punto di arrivo che insieme possiamo individuare a partire da diversi elementi osservabili. La domanda a cui dobbiamo rispondere insieme è: cosa dobbiamo osservare al termine del percorso io e lui/lei per dire che ha raggiunto quell’obiettivo? Ci vogliono alcuni incontri per mettere insieme tutti questi elementi, ma è un momento molto energizzante perché decidiamo insieme che non navigheremo a vista ma, come una squadra, collaboreremo per raggiungere la meta e monitorare i risultati.

Cosa succede quindi al primo incontro di una relazione terapeutica?

Se dovessi risponderti in poche parole ti direi che è un incontro di scoperta per entrambi: io entro in punta di piedi in una storia nuova, l‘altro inizia a raccontarsi, ma in un modo nuovo, in un modo potenziante che significa innanzitutto iniziare a vedere gli stessi fatti attraverso un’altra lente, sentire che effetto fa, e ricollocarsi dentro quella storia con domande nuove, capaci di farti riprendere il potere di scegliere cosa vuole fare e cosa può fare per cambiare quello che non le va più bene.

Ti ho tolto qualche dubbio su cosa succede al primo appuntamento? Se vuoi fissarne uno contattami, possiamo vederci di persona oppure via skype. E se hai altri dubbi scrivimeli nei commenti o via email, ti risponderò volentieri.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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