A cosa pensi quando senti la parola “cambiamento”? Può darsi che ti venga in mente una serie di “comportamenti nuovi”, oppure che la associ alla sensazione di ‘fatica’, o all’idea di ‘migliorarsi sempre’, o genericamente all’idea di modificare qualcosa. Oggi voglio parlarti di quando e come arriviamo a cambiare.
Innanzitutto rispondo ad una domanda che mi sento fare spesso: “Quando è possibile cambiare? È sempre possibile?”
Per cambiare qualcosa innanzitutto serve una motivazione, una ragione o un problema reale che ti spinge a prendere in considerazione questa prospettiva. Ci sono tre fattori cruciali che motivano al cambiamento:
- Volontà ovvero ritenere importante un particolare cambiamento; ad esempio se non riesco a parlare in pubblico serenamente (e il mio lavoro lo richiede) e desidero importante per me riuscire in quella data cosa, allora c’è una condizione che mi motiva ad avviarmi verso un cambiamento.
- Capacità ovvero avere fiducia nel cambiamento; in altre parole, occorre che la persona creda sia possibile e che lei stessa sia in grado di farlo. Ad esempio un fumatore può riconoscere importante il desiderio di voler smettere di fumare ma non ritenersi fiducioso nella possibilità di riuscirci; solo quando inizia ad avere fiducia in questa possibilità può aprirsi alla ricerca dei modi per farlo.
- Infine la disponibilità ovvero ritenere il cambiamento una priorità; ciò significa essere pronti in quel dato momento della propria vita.
Come arriviamo a cambiare?
Il processo per arrivare a cambiare è lungo e due studiosi, Prochaska e Di Clemente, hanno visto che è un percorso che prevede 6 stadi:
1) la precontemplazione: in questo momento la persona non ha ancora contemplato la possibilità di avere un problema, non sente disagio, la sua vita scorre mettendo in atto le abitudini e le strategie per lui conosciute e “vincenti”. Magari sono gli altri che gli segnalano che “dovrebbe cambiare quella data cosa” ma per lui o lei ancora il problema non esiste. E’ sullo sfondo.
2) Contemplazione: la persona riflette su di se, sul problema ed inizia ad avvertire qualche svantaggio. Inizia a scoprire che le strategie abituali non “funzionano” più come prima; ancora però non ha deciso di impegnarsi a cambiare;
3) Determinazione: evviva, finalmente! Qui nasce l’intenzione di cambiare ma ancora non si sa come. Questo è il momento in cui la motivazione incontra la necessità di imparare, conoscere vie nuove per fronteggiare la situazione.
4) Azione: a questo punto la persona mette in atto una strategia, un percorso di operazioni nella direzione del cambiamento desiderato.
5) Mantenimento: qui ci sono tutti i tentativi di rendere stabile il cambiamento prevenendo la ricaduta.
6) Ricaduta: questo è il sesto passaggio di ogni processo di cambiamento. Ogni volta che impariamo qualcosa ricadiamo nelle vecchie abitudini. E’ un evento normale e “previsto” in un percorso di apprendimento ed è un’occasione per consolidare il cambiamento appena intrapreso.
Perche ti racconto questo?
Perché cambiare è un processo lungo e complesso che richiede molti passaggi di consapevolezza.
Molto spesso mi capita di incontrare l’idea che il cambiamento coincida con il modificare alcuni comportamenti e si traduce nella prescrizione di un numero preciso di passi, strategie, regole per “migliorarsi” (cosa? E perché poi?).
Questa visione – da sola – mi sembra troppo riduttiva e meccanica. Credo che le persone siano più complesse e ricche!
Certamente ogni percorso di cambiamento si rende visibile anche con un cambiamento nelle abitudini ma quello che mi affascina nell’osservare le storie di tutte le persone che si coinvolgono nei percorsi individuali è constatare come cambino il loro modo di sentire, pensare e fare. Cambia il modo di guardare se stessi e gli altri in quella data esperienza che prima era un disagio. E questo non passa solo per il fare ma soprattutto col comprendersi e comprendere da dentro il senso di quello che prima facevamo e adesso ci sta stretto. In questo genere di cambiamento mi piace accompagnare le persone!
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