Nei giorni scorsi mi sono ritrovata spesso a riflettere sulla tendenza, diffusissima e che sicuramente hai sperimentato anche tu, di provare ad uscire da una situazione di stress o di malessere facendo cose che ci permettano di sfogarci, per allontanare i pensieri e le preoccupazioni.
“Vado a correre per scaricare un po’” – “Per fortuna sono uscito/a con X, così mi sono sfogato/a” – “Ho bisogno di un colloquio con te per sfogarmi un po’, così mi aiuti a capire”.
Ma siamo davvero come vasi che una volta colmi vanno svuotati altrimenti traboccano? Cosa succede se non reagiamo impulsivamente ogni volta che abbiamo una patata bollente di emozioni dentro di noi? Se non scappiamo da quel caos di pensieri che ci ronzano in testa, cercando di buttarli via?
Sfogarsi fa davvero bene?
Non ti sto dicendo che uno sfogo non sia mai utile, ma penso che sia importante scegliere con consapevolezza cosa buttare fuori, con chi e a quale scopo.
Altrimenti “sputare” impulsivamente al momento del bisogno diventa tanto nocivo quanto il suo opposto sopprimere e trattenere. Perché è una reazione istintiva.
Quando ascolto i racconti di apertura dei miei colloqui, dopo aver accolto quella nuova storia mi chiedo sempre qual è l’obiettivo che ha la persona che ho di fronte.
Cosa desidera per sé, rispetto a quella situazione? Che aiuto vuole da me? Alcuni di loro lo sanno già e prevengono la domanda dopo le battute iniziali.
Quando riusciamo a metterlo a fuoco insieme, lui o lei si prende la responsabilità di scegliere cosa vuole fare di quel caos intricato.
Quando ascolto qualche conoscente che riversa ciclicamente su di me le cose che non vanno, li ascolto certo. Ma mi chiedo sempre se sia davvero di aiuto sfogarsi così.
La psicoterapia non è uno sfogo.
Uno dei pregiudizi intorno alla psicoterapia è che vai li, ti sfoghi con una persona e ricevi un’indicazione di ciò che devi fare. Come se lui o lei fossero dotati di superpoteri e potessero decidere al posto tuo, come dice qui Marina Innorta in queste poche righe.
No, non è cosi: la psicoterapia non è uno spazio per buttare nel cestino il caos che senti dentro; lo sfogo senza un obiettivo è sterile. La psicoterapia è uno spazio dove puoi esprimere quello che ti porti dentro per poi scegliere cosa vuoi di diverso (puoi cambiare le cose che ti riguardano o puoi cambiare tu imparando ad accettarle). Per passare dal caos alla chiarezza decidi di imparare a fare cose nuove con te stesso e con gli altri.
La psicoterapia è un processo di apprendimento.
E come quando impari a fare qualcosa che prima non conoscevi è impegnativo perché ti richiede lo sforzo di passare dalla paura di ciò che non sai, al rischio di tentare strade non battute e vedere che effetto ti fa. Non si impara ascoltando un altro ma facendo esperienza diretta di quella cosa lì. Non si impara se ti cimenti in una cosa solo quando è piacevole. Per imparare hai bisogno di tempo e di dedicare costanza a quelle novità, anche quando non sono piacevoli, finché diventano delle esperienze possibili e familiari.
La psicoterapia è uno strumento per imparare a contenere la complessità prendendotene cura come faresti con un bimbo, assicurandogli la tua presenza con responsabilità. Il resto, secondo me, è un antidolorifico: funziona ma non cura.
Adesso, dimmi: qual è il tuo sfogo preferito che hai la sensazione ti faccia bene? C’è invece qualcosa che vorresti imparare a tenere con te per prendertene cura?
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