Se c’è un’emozione capace di attivarci e renderci vigili è la paura. E in questi giorni, quello che sta succedendo nel nostro paese sta scuotendo emozioni e tasti dolenti dentro di noi che magari erano rimasti silenti fino a questo momento.

Come reagiamo alla paura? Tendenzialmente in tre modi: la evitiamo svalutandola o separandoci da ciò che ci spaventa, la contrastiamo attivandoci a fare mille cose, ci congeliamo confusi e inerti, bloccati. Molte delle scene che stiamo osservando in questi giorni nei telegiornali o semplicemente dentro di noi, hanno a che fare con queste modalità difensive; sono strategie di adattamento primordiali e non possiamo eliminarle, cosi come non possiamo eliminare la paura e l’ansia. Però possiamo diventarne consapevoli, per occuparcene.

In questo post ti propongo di mettere i riflettori sulla seconda reazione, quella dell’iperattivazione per vedere insieme quanto è dispendiosa e causa di ulteriore sofferenza. E poi ti propongo una pratica di meditazione che puoi fare per avvicinarti a quello che senti seguendo quattro passaggi. Ma andiamo con ordine.

Spaventati, in ansia e incastrati nella logica del fare

Quando siamo in ansia, a qualche livello abbiamo paura di qualcosa ma non sappiamo esattamente di cosa e questo stato di allerta ci spinge ad adoperarci a fare delle cose per sollevarci da quella tensione. Diventiamo tutti degli indaffarati risolutori di problemi incalzandoci a trovare la soluzione giusta per calmarci o risolvere il problema. Non so se ti è capita ma spesso è facile rimanere intrappolati nella preoccupazione e nella pianificazione, nei giudizi verso noi stessi o nelle aspettative verso gli altri e, in fin dei conti, nella nostra stessa tensione per soddisfare tutte queste richieste e trovare sollievo.

In pratica, siamo agitati e all’erta per qualcosa che spesso non conosciamo ancora bene -se non ad un livello superficiale- e ci attiviamo ancora di più per trovare soluzioni che contrastano la tensione originaria. Il risultato spesso è un circolo vizioso che ci agita e ci confonde. A volte ci immobilizza, come succede a quelle papere che, agitandosi in acqua, si muovono ma non si spostano dal punto in cui sono.

Niente panico, è tutto sotto controllo

Contrastiamo l’ansia e ci istruiamo su come non farci prendere dal panico perché temiamo quella fastidiosa sensazione di perdere il controllo della situazione. Conosco una persona che usa spesso l’espressione “tutto sotto controllo” come intercalare frequente nel suo linguaggio, anche quando non ci sono situazioni evidentemente pericolose. Conosco molte altre persone che seguono questa istruzione interiore senza metterla in parole.

E’ un atteggiamento verso cui sperimento tenerezza perché racconta la paura di perdere il controllo e allo stesso tempo la fatica di volerlo mantenere. E mantenere sempre il controllo, è davvero faticoso, oltre che impossibile come ci insegna questa terribile pagina di storia che stiamo vivendo, perché ci sono cose che non dipendono da noi. Per rassicurarci ci illudiamo di poter controllare tutto continuando a rimanere all’erta. Ma, presto o tardi, incontriamo dentro di noi la delusione e il senso di impotenza.

Senza dire che quando ci istruiamo a fare diversamente, mentre siamo agitati, siamo davvero esigenti con noi stessi; immagina di essere un bambino spaventato o agitato: ti sarebbero utili, in quel momento, incalzanti indicazioni per calmarti?

Non contrastare l’ansia: conceditela e impara a risponderle, con cura

Adesso ti propongo di cambiare prospettiva e di immaginare l’ansia come un ospite inatteso e sconosciuto che sbaraglia tutti i piani, all’improvviso. E ti invito ad avvicinarti a questa creatura con un atteggiamento gentile seguendo alcuni passaggi che propone per la prima volta Michele McDonald, un insegnante di meditazione buddista e che Tara Brach, psicoterapeuta americana, rivisita aggiungendo una sfumatura che trovo risanante.

La pratica di meditazione si chiama RAIN, un acronimo in inglese per descrivere i passaggi per avvicinarti a quello che senti. Vediamo insieme i passaggi per ascoltarci e prenderci cura di noi:

  1. Per prima cosa, R sta per RICONOSCI ciò che succede dentro di te: è un invito a fare attenzione a ciò che accade senza agire secondo il nostro pilota automatico. Puoi farlo iniziando a chiederti: se chiudo gli occhi per un momento e porto la mia attenzione dentro di me, cosa osservo nel mio panorama interiore?
  2. Poi, A sta per allow in inglese cioè PERMETTI CHE SIA: cosa succede se smetti di lottare e contrastare quelle sensazioni che senti? cosa può accadere se scegli di non intervenire, e di concederti quelle sensazioni come qualcosa di sensato e possibile per te?
  3. I sta per INDAGA, io direi interessati di ciò che sta accadendo, con curiosità. E‘ una sensazione piacevole? spiacevole? neutra?
  4. Infine, l’ultimo prezioso passaggio: N stava tradizionalmente per “non identificarti” ma Tara Brach aggiunge una sfumatura di significato molto utile e cioè NUTRI: significa iniziare a chiederti “di cosa ho bisogno adesso?”

Ricapitoliamo: riconosci, permetti che sia, interessati e nutri. Prenderci cura dell’ansia significa darci il tempo di fare pausa mentre ci sentiamo in balia delle nostre sensazioni per ascoltarci e imparare a proteggerci, dandoci di volta in volta quello di cui abbiamo bisogno. Non vorremo fare con noi stessi come quei poveri genitori stressati e indaffarati che rimpinzano i figli di attività per farli stare buoni, salvo poi constatare che sono ancora agitati? Fermiamoci ad ascoltare di cosa abbiamo bisogno. Di cosa hanno bisogno i nostri figli, se siamo genitori. Respira (e fai pace con l’ansia) è il modo per iniziare a farlo da solo; se invece hai bisogno di un confronto e di qualcuno che ti ascolti, sai dove trovarmi.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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