Qualche settimana fa, nel cuore di un weekend casalingo, ho visualizzato una mail sul mio cellulare; in genere mi invito a non farlo nel fine settimana, per una scelta di buon senso che mi aiuta a mantenere un buon confine fra il lavoro e il mio tempo a casa. Ma quella volta non è andata cosi: d’improvviso vengo catturata dall’oggetto e dal mittente e nel giro di qualche secondo mi catapulto in un altro scenario e mi sento agitata e infuriata. C’è voluto pochissimo per passare da uno stato di calma ad un’attivazione improvvisa che mi ha sorpreso. In quei secondi la mente viaggiava velocissima ed era proiettata all’azione; nel frattempo camminavo veloce da una stanza all’altra. Per fortuna mi sono fermata. Ci sono voluti un po’ di respiri per ritornare in me: che cosa aveva acceso imprevedibilmente quella mail dentro di me? Per cosa ero così arrabbiata? Per cosa mi ero allertata?

Anche nelle storie che ascolto ritrovo spesso la stessa sorpresa di fronte ad alcune reazioni intense che abbiamo per cose apparentemente banali e ci chiediamo: perché in certi momenti reagisco cosi?

A volte ci succede di fare o dire cose di cui poi ci pentiamo. Avviene con più facilità nelle relazioni più intime: con i nostri partner, con i nostri figli, con le persone che frequentiamo giornalmente per tante ore al giorno. Qualche giorno fa, nel percorso di gruppo di genitori, un papà si chiedeva “perché in alcuni momenti riesco a mantenere la calma e gestire la situazione ed in altri mi è impossibile farlo?“.

Ci sono motivi più ovvi: ad esempio quanto siamo stanchi e stressati in quel momento, quanto abbiamo dormito la notte precedente, il contesto in cui si verifica quell’esperienza e a quali esperienze passate si aggancia dentro di noi. Ma spesso c’è un fattore più decisivo che ci porta ad essere iper-reattivi: la mancanza di uno spazio fra lo stimolo e la risposta.

 

Fare pausa: procurarsi uno spazio fra lo stimolo e la risposta

Quando reagiamo di fretta utilizziamo il nostro pilota automatico ovvero la parte più primitiva del nostro cervello che ci garantisce la via più breve: senza troppe valutazioni gestisce la situazione attraverso i meccanismi di attacco o fuga.

Quando invece ci concediamo una piccola pausa tra l’esperienza che stiamo facendo e quello che succede dentro di noi, creiamo uno spazio di riflessione e di scelta. Non ci vuole molto tempo, anche la pausa più breve ci può dare la possibilità di chiederci: cosa sta succedendo adesso (dentro di me)? perché sto reagendo cosi? Di cosa ho bisogno? Voglio rispondere proprio adesso o posso rimandare ad un altro momento? Farci queste domande prima di reagire ci permette di ridurre il nostro livello di attivazione e di scegliere la risposta in accordo con quello che avviene dentro di noi.

Come dice Viktor Frankl, “Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In questo spazio si trova il nostro potere di scegliere la risposta. E nella nostra risposta si nascondono la nostra libertà e la capacità di crescere come persone.”

 

Imparare a rispondere anziché reagire

La reazione è veloce: in presenza di un pericolo reale ci permette di metterci in salvo. In tutti gli altri casi invece (la mail che ho ricevuto quel sabato o il pianto della figlia per quel papà) aggiunge un’ulteriore dose di difficoltà alla situazione di tensione perché ci spinge a mobilitare molte energie per contrastare l’altro, controbattere, accusare noi stessi o prendere le distanze. Tutte cose che ci sembrano necessarie e indispensabili in quel preciso momento.

La risposta invece arriva con più lentezza: nasce quando ascoltiamo più informazioni sulla situazione esterna e su quello che ci accade dentro. E’ più rispettosa dei nostri bisogni e ci fa sentire liberi. Arriva quando ci diamo il permesso di fermarci, riconnetterci con il nostro corpo e il nostro respiro per poterci dire: “Va bene, fermati un attimo. Qual è il vero pericolo in questa situazione? Cosa c’è di me qui? Riesco ad aprirmi a questa esperienza?”. Ascoltarci con attenzione ci permette di andare oltre la rabbia o la paura di superficie e ci aiuta a dare un nome ad altre emozioni – e bisogni- meno evidenti.

Quando riusciamo a rallentare per cercare la risposta ci diamo la possibilità di esplorare sia il nostro panorama interiore fatto di sensazioni, pensieri, emozioni, sia gli stimoli che in quella relazione stanno risuonando dentro di noi. Passiamo dalla logica del fare a quella dell’ascoltare, le cose acquistano le giuste proporzioni e diamo valore a quello che ha davvero più importanza dentro di noi. Nel mio caso, accorgermi che ero anche spaventata, oltre che arrabbiata, mi ha permesso di scegliere una risposta che fosse protettiva per me definendo un confine chiaro.

Ci stiamo allenando a fare tutto questo con il gruppo di genitori riscoprendo un po’ di libertà ed energie in più dentro le numerose occasioni che ci offrono i nostri figli o i nostri partner in questo periodo stressante. Impareremo a farlo anche nell’audiocorso che sta per arrivare su Sintonia. E possiamo iniziare tutti subito, se vogliamo: basta rallentare e prestare ascolto ai rumori di dentro.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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