Entrambe le file sono spesso sguarnite della stessa capacità: quella di dare credito al proprio sentire e orientarsi, proprio sulla base di quest’ultimo, a scegliere come agire.
Posso affermare che tutti, chi più chi meno, sia i genitori che i figli, hanno conosciuto una buona dose di violenza: fisica, verbale, psicologica, economica, assistita. Credetemi, non esagero: il mio è un osservatorio modesto ma spaventoso rispetto a questo dato. Semplicemente ne siamo cosi intrisi da fare fatica a riconoscerla e dargli il giusto valore.
Spesso subiamo forme di violenza fuori dalle mura domestiche, proprio perché dentro quelle mura abbiamo imparato a confondere amore e controllo, punizione con ricatto ed umiliazione, ascolto con l’obbedienza. Magari abbiamo imparato a sottovalutare il nostro sentire preoccupandoci di più di quello dell’altro, o a inferire le emozioni altrui senza fare la fatica di mettere in parole le nostre, e chiedere ragioni all’altro, sempre con le parole.
Cosa vuol dire allora educare senza violenza e per prevenirla?
Crescere e costruire relazioni salubri, in grado di prevenire e proteggerci dalla violenza vuol dire imparare a validare le nostre emozioni, essere capaci di decifrare ed includere quelle dell’altro, allenarci a dire con le parole ciò che sentiamo, irrobustirci nella capacità di scegliere. Significa in pratica educare al consenso.
Ma in pratica che vuole dire? come si fa?
Si traducono in azioni che possano trasmettere questi messaggi/valori:
- Le tue emozioni sono importanti: fidati di te! Anche io mi fido di te, spiegami meglio.
A semplificare tanto le cose, tutte le terapie hanno lo stesso obiettivo di partenza: aiutarci dare credito a ciò che sentiamo come disagevole, fino a comprenderlo cosi profondamente da scegliere come prendercene cura facendo qualcosa di diverso.
Se siamo abituati a svalutare ciò che sentiamo perché nessuno si è mai sintonizzato sulla nostra rabbia, sulla nostra vergogna, sulla nostra tristezza o paura...come possiamo farlo con noi stessi? Come possiamo proteggerci quando incontriamo queste emozioni la fuori nel mondo?
- Sai dire con le parole quello che ti fa male o che non ti piace?
La violenza è assenza di vocabolario ovvero mancanza di parole che ci permettono di dire, esprimere e rappresentare a noi stessi e all’altro ciò che ci abita dentro. Daniele Novara dice che i bulli non sanno litigare ed ha ragione: neanche noi adulti sappiamo farlo, ci è faticoso partorire parole che dicano le nostre scomodità e che sappiamo tener conto di quello dell’altro.
Imparare ad esprimere quello che non ci piace non è scontato: quanto siamo stati liberi di dire sin da piccoli quale contatto desideravamo e quale no? la nostra alimentazione era forzata o rispettosa della nostra effettiva fame? le regole che ci sono state date erano imposte con potere e non comprese?
- Che effetto fa all’altro quello che fai? Glielo hai chiesto?
Per evitare che la violenza abiti le nostre relazioni però dobbiamo anche allenarci ad una comunicazione sensibile e reciproca. Che succede nell’altro quando noi diciamo o facciamo una data cosa? che conseguenze procura il nostro comportamento nell’altro? riusciamo a prevederlo con la mente? glielo abbiamo chiesto invitandolo a trovare le sue, di parole?
- Puoi dire i tuoi no, ci sono tante cose che puoi scegliere, non tutte certo: io mi impegno a tollerare i tuoi no.
Educare al consenso significa anche dare a bambini e ragazzi la possibilità di scegliere alcune cose che li riguardano, in relazione alla loro età. Non possono certo scegliere se prendere i farmaci mentre hanno l’influenza, perchè su quello non hanno la capacità di discriminare e scegliere cosa è più protettivo fare. Invece ha molto senso che possano rispettare il loro desiderio o meno di contatto fisico, una loro preferenza sul taglio di capelli, su vestiti, e infinite altre cose come esperimenti per esplorare e conoscere se stessi e i propri gusti, attraverso le piccole o grandi scelte operate.
Ecco, se iniziassimo a fare questo con i nostri figli o con i più giovani che ci stanno vicino, se provassimo a trattare noi stessi con questo rispetto, staremmo facendo molto per costruire un mondo un pochino meno violento. Staremmo dando il nostro contributo per prevenire -di subire e agire- abusi e violenze.
Se poi vogliamo fare squadra possiamo aiutare anche chi sta muovendo l’opinione pubblica su questo tema: io lo sto facendo cosi oltre che con il mio lavoro. E tu, come vuoi farlo?
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