Arriva in studio trafelata e tra un sospiro e l’altro esordisce cosi: “Non volevo venire, ogni volta è una fatica”. La ascolto in silenzio mentre lei continua a svestirsi veloce continuando a sospirare e raccontarsi. Cosi le chiedo: come ti affatichi? Voglio dire: qual è la fatica che incontri quando pensi di fermarti in quest’appuntamento con te? Ascolta la domanda, mi guarda, si sofferma a pensare mentre insieme aspettiamo che il respiro si faccia lento. Sarà questa la domanda che guida ed illumina il nostro tempo insieme.
Spesso facciamo fatica a fermarci e imputiamo questa difficoltà al tempo che è insufficiente per contenere le nostre cose da fare. Ma il significato della nostra fatica sta sempre sotto questa motivazione di copertina. Non sarebbe troppo ingenuo pensare che sia solo una questione di gestione del tempo?
Iniziamo a sentirci affannati a gestire il nostro tempo quando siamo insoddisfatti di noi e di quello che facciamo, quando ci manca qualcosa o le cose non vanno come vorremmo.
Cosi la difficoltà a gestire il nostro tempo è prevalentemente una difficoltà a gestire la nostra sofferenza e le nostre energie facendo spazio ai nostri bisogni profondi e i nostri valori.
Al contrario, quando siamo soddisfatti e radicati su noi stessi, non è perché riusciamo ad incastrare-tutto-alla-perfezione ma perché riusciamo a dedicare il tempo a ciò che è davvero importante per noi, in quel preciso momento. Rimaniamo presenti a noi stessi e al nostro tempo, con un senso di padronanza e la saggezza di saperci sintonizzare sui nostri bisogni che emergono.
La percezione di non avere tempo
All’università avevo un professore tanto meticoloso quanto burbero. Non ho dei bei ricordi di lui ma, come sempre succede, gli incontri più ruvidi ci lasciano sempre qualcosa addosso: sarà perché scorticano la nostra sensibilità e risvegliano tutte le nostre difese. Comunque, di lui mi torna spesso in mente una frase che ripeteva ogni mattina, ogni volta che arrivava a lezione una persona con qualche minuto di ritardo. Il rito era questo: chiedeva pubblicamente il motivo del ritardo, derideva il malcapitato (non c’erano mai dei buoni motivi) e poi concludeva: “Non è mai questione di tempo, è questione di priorità”.
Potremmo a lungo discutere dei suoi modi e di come facesse leva sul rimprovero e la vergogna per insegnare, ma questa sentenza riaffiora spesso alla mia mente. Mi aiuta a chiedermi: a cosa do/ho dato la priorità? Di quali priorità riempio il mio tempo? Le scelgo con consapevolezza? Di quali attività faccio scorpacciata? Quali tendo ad evitare?
Il desiderio di ottimizzare il tempo
Accanto alla percezione di non avere abbastanza tempo per fare tutto quello che pensiamo di dover fare, spesso incontriamo anche il desiderio di ottimizzare il tempo. Di renderlo produttivo, insomma. Così, ci stressiamo per fare tante cose, -tutto, se possibile- e contemporaneamente vorremmo metterci al riparo dalla possibilità di perdere tempo.
Cosa mai potrebbe succedere se ci concedessimo un tempo senza l’esigenza di raggiungere un risultato? Potremmo semplicemente godere e riposare nella nostra esperienza. E si, potremmo anche incontrare il senso di colpa, ma solo fino a quando non avremo imparato a rabbonirlo, intrattenendoci a dialogare con lui e negoziare, anziché rimanerne in ostaggio.
Impieghiamo tante energie ad essere performativi: abbiamo imparato a confidare moltissimo nella dopamina e nel piacere che ne consegue: il nostro corpo ci ricompensa cosi ogni volta che ci sforziamo per raggiungere qualcosa, ci impegniamo a fare tutto, a farlo bene e subito. Ma l’incantesimo finisce quando eccediamo: ci logoriamo, ci stanchiamo e stressiamo.
La solitudine e l’intimità con noi stessi
Fermarci con noi stessi è difficile perché implica la possibilità di tollerare un pezzetto di solitudine. Magari cerchiamo un tempo solo per noi come uno spazio di libertà ma allo stesso tempo potrebbe capitarci di voler rifuggire da quel senso di solitudine ed intimità che nasce dall’incontro faccia a faccia con noi stessi.
La fatica di darci appuntamento è quella di scoprire chi troveremo all’incontro: un estraneo o un amico che ci fa simpatia? un criticone o una presenza affettuosa, anche nelle giornate in cui tutto va storto?
La solitudine e il silenzio ci permettono di entrare in intimità con noi stessi, di incontrare tutte le parti di noi, anche quelle che riusciamo a mettere a tacere nelle nostre corse quotidiane.
Cosi, prenderci un tempo per noi, senza intrattenerci in mille attività, ma lasciandoci anche liberi di non-fare, spesso ci dà la possibilità si sentire quella voce flebile dentro di noi che sa dirci cosa vogliamo davvero e di cosa abbiamo bisogno. Qualche volta sa indicarci per prima tutto quello che è spiacevole e ci mette a disagio; è una voce bambina e, si sa, i bambini imparano a dire prima i no. Le cose che mancano e quello che fa male. Incontriamo i pensieri e le emozioni che abbiamo schivato facendo mille cose. Arriva quando solo ci trova liberi e avrebbe bisogno della nostra disponibilità ad ascoltarla. Siamo disponibili ad accomodarci per prestarle attenzione cosi da decifrare quelle emozioni e scoprire cosa raccontano di noi?
Possiamo iniziare ad osservare come saturiamo il nostro tempo e chiederci: cosa mi mette a disagio della solitudine? Quali pensieri o domande incontro quando sto da solo con me stesso? Quali mancanze o carenze vengono a galla quando mi sento solo?
Continuiamo ad ascoltarci insieme domani 30 Settembre alle 19, nel nostro appuntamento mensile su Zoom; parliamo di Come trovare il tempo per noi e come abitarlo senza sensi di colpa. Ti aspetto per trovare uno spazio di riflessione e di pratica insieme. Puoi iscriverti qui per ricevere il link e accedere nella nostra stanzetta su Zoom.
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