Qualche giorno fa durante un colloquio un uomo mi raccontava che quando si ferma è perduto perché in quei momenti non può fare a meno di pensare. Per questo, mi dice, “le ferie e le feste comandate mi deprimono, perché non posso fare quello che abitualmente funziona per addormentare i pensieri: lavorare tanto o intrattenermi con tutte le passioni che ho”.

Mi racconta con dovizia di particolari e un po’ di umorismo che organizza la routine intorno a questo obiettivo prioritario: tenersi impegnato per evitare di pensare.

Cosi, per non continuare ad essere evasiva insieme a lui, gli chiedo: “A cosa pensi, quando pensi?”, lui mi guarda come se fossi andata inaspettatamente dritta al punto, rallenta e inizia ad elencare uno ad uno i suoi pensieri. Non erano brutti pensieri, erano solo narrazioni- non tutte nate dall’esperienza- che accendevano la sua tristezza.

A volte i pensieri preoccupati ci tolgono il sonno, letteralmente, perché mobilitiamo tutte le nostre energie per cacciarli via, per sgomberare la mente nella speranza di riposare. Non dipende dai pensieri ma dalla relazione che stabiliamo con loro: li tratteniamo rimuginando oppure li cacciamo.

Non vogliamo pensare per non sentire

Ma perché temiamo tanto i nostri pensieri fino a desiderare di liberarcene? I pensieri sono pensieri, non sono fatti: sono il prodotto della nostra mente discorsiva che ci intrattiene con storie e narrazioni che accendono le nostre emozioni piacevoli e anche spiacevoli. È questa la fregatura che complica le cose.

Per esempio, se facciamo esperienza di passeggiare da soli in riva al mare una domenica mattina mentre accanto a noi osserviamo le coppiette che si abbracciano, e sorge il pensiero di essere sfigati o falliti può accendersi dentro di noi un senso di solitudine e di tristezza.

Non possiamo controllare i nostri pensieri né le nostre emozioni ma accorgerci del loro avvicendarsi dentro di noi ci permette di distinguere le cose. Possiamo imparare a non identificarci con i pensieri e andare al nocciolo delle cose: occuparci della nostra solitudine.

Rimuginando riattiviamo dentro di noi ripetutamente il pensiero e l’emozione in un tentativo della mente di cambiare le cose, di trovare soluzioni diverse. I pensieri accendono rimproveri e stare in compagnia di questo chiacchiericcio severo può diventare faticoso.

 

Come liberare la mente?

Ad un certo punto del colloquio con quell’uomo, l’ho immaginato come un omino stilizzato dalla testa grandissima e dal corpo esile: come si fa a camminare liberi e spediti con una testa più grande e pesante del corpo?

Per alleggerire una mente troppo piena non serve estirpare i pensieri o distrarci intrattenendoci affannosamente ma abbiamo bisogno di imparare ad osservarli trovando con loro una relazione più amichevole e, allo stesso tempo, bilanciare la nostra attenzione portandola dalla testa al corpo e all’esperienza nel qui e ora.

La mindfulness ci aiuta a fare entrambe le cose: osservare i nostri pensieri senza giudizio e tornare al corpo, all’esperienza nuda del qui e ora, al netto dei discorsi che produce la mente.

In genere ci identifichiamo con i nostri pensieri, invece abbiamo bisogno di acquistare una sana distanza per osservarli: come testimoni imparziali, come uno specchio che riflette fedelmente quello che incontra, come un amico affettuoso che ascolta e basta.

Poema Chodron ci suggerisce di immaginare di essere il portiere di un albergo elegante e costoso:

“Il portiere apre la porta e fa entrare gli ospiti. Gli ospiti entrano ed escono, ma il portiere non li segue in bagno. Allo stesso modo i nostri pensieri entrano ed escono, e noi, il portiere, apriamo la porta, li notiamo e chiudiamo la porta, apriamo la porta, li notiamo e chiudiamo la porta. I pensieri vanno e vengono, vanno e vengono.”

 

[Poema Chodron, Come meditare, Terra Nuova edizioni]

Da questa posizione di osservazione portiamo l’attenzione anche al corpo e all’esperienza nel qui e ora e ci restituiamo la possibilità di mettere in ordine le cose.

Meditare non ci garantisce la possibilità di fare il vuoto ma ci permette di incontrare i nostri pensieri senza lottare e senza distrarci continuamente per evitarli. Diventiamo disponibili ad entrare in relazione con loro; questo produce un certo riposo, un effetto collaterale del nostro coraggio di incontrarci.

Impariamo a farlo insieme nel percorso di gruppo PRENDI UN RESPIRO, TORNA DA TE. E venerdì 21 gennaio ci sarà la serata di presentazione del percorso: ci troviamo su Zoom alle 19. Iscriviti in anticipo a questa riunione, io ti aspetto!:

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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