Una cosa che mi colpisce sempre è osservare come le persone a volte si disperdano dentro certe relazioni. Magari gli è possibile riconoscere cosa vogliono o cosa sentono mentre sono sole ma quando entrano in contatto con l’altro, questa percezione diventa meno nitida, diventa più sfocata e va in secondo piano. A volte s’annacqua, a volte subisce un vero e proprio contagio. Succede spesso nelle relazioni più intime, in quelle di coppia ad esempio, quando l’umore di un partner condiziona e invade l’umore dell’altro, il clima di coppia, della casa e dell’intera contrada.
Sembra un’esagerazione detta cosi ma non lo è: quando siamo troppo sensibili, eccessivamente permeabili all’esperienza dell’altro, può succederci che se l’altro ci risponde agitato noi reagiamo alla sua rabbia con altrettanta rabbia, se è triste potremmo reagire adoperandoci per aggiustare quel malumore e mettendo a bada un senso di colpa che fa capolino dentro di noi. Può succedere di sentire che il nostro umore dipende da un comportamento dell’altro e quindi diciamo cose che suonano cosi: “mi fai arrabbiare, mi deprimi, mi fai sentire inadeguata, mi costringi ad essere geloso ecc…”
Non siamo vasi comunicanti: è solo un eccesso di empatia
Spesso, quando siamo vicini ed intimi con qualcuno confondiamo la vicinanza con la fusione e ci pensiamo come vasi comunicanti rispetto alle emozioni. Ci sembra che il nostro umore dipende dall’altro ed è sua responsabilità. Ma le emozioni che proviamo non sono contagiose e non funzionano come il liquido dei vasi comunicanti che, una volta inserito nel primo contenitore, si distribuisce automaticamente ed equamente negli altri vicini.
Pensa ad una situazione in cui l’umore o il comportamento dell’altro ha attivato dentro di te una reazione spiacevole e prova a mettere a fuoco alcune cose attraverso queste domande: se il tuo partner è annoiato cosa succede dentro di te? e se è arrabbiato? e se è spaventato? se è triste, tu puoi essere dispiaciuto per lui/lei e felice per te? Se ti lasci condizionare, in che modo ti impedisci di rimanere sereno se l’altro è annoiato?
Quello che osservo nelle coppie che incontro è che spesso soffriamo di un eccesso di empatia che ci mantiene troppo vicini e poco distinti dall’altro. Cosi, entriamo in un circolo vizioso di sensi di colpa (è triste perché io…? Forse visto che è triste dovrei…?) o di recriminazioni (mi fai arrabbiare perché te ne stai li seduto sul divano, apatico e annoiato…). E in questa eccessiva vicinanza ci focalizziamo tantissimo sull’altro (sul comportamento spiacevole che ci attiva e ci sollecita) e perdiamo di vista la possibilità di ascoltarci, di scoprire il senso di quello che stiamo sentendo, di come possiamo prendercene cura dimostrando di essere genitori responsabili per noi stessi.
Rimanere vicini all’altro e sentirsi trascinati e coinvolti sono due esperienze diverse. Quando reagiamo all’emotività dell’altro lasciandoci coinvolgere e “contagiare”, re-agiamo in automatico e siamo fuori dal dominio della consapevolezza. Quando invece rimaniamo presenti e in contatto con noi stessi ci assumiamo la responsabilità di quello che sentiamo e possiamo entrare con l’altro cosi com’è adesso.
Se avvertiamo questa confusione dovremmo fermarci e chiederci: in che modo il fatto che l’altro ad esempio è arrabbiato, mi fa sentire agitato? Questi due vissuti possono essere connessi fra loro e, se lo sono, quello che li lega è una relazione emotiva che fa risuonare quell’esperienza con qualche aspetto della nostra storia: ha un senso per noi e se vogliamo la possiamo esplorare.
Riconoscere, distinguere ed entrare in contatto
Il punto non è rimanere indifferenti al vissuto dell’altro ma riconoscere il suo vissuto ed anche il mio: possono essere diversi? se tu sei spaventato, sai per cosa ti stai allertando? ed io cosa sento quando ti vedo spaventato? Mi sento anche io in pericolo? Ci stiamo allertando per lo stesso pericolo? la tua rabbia che effetto ha su di me? Di cosa hai bisogno tu e di cosa ho bisogno io? quando tu sei spaventato o arrabbiato io posso sentirmi felice? c’è spazio nella vostra casa, nella vostra relazione per contenere entrambe le emozioni nello stesso momento?
Rimanere presenti a noi stessi mentre l’altro è in preda ai suoi vissuti emotivi ci permette di rimanere vicini e distinti. Allora condividere sarà una scelta consapevole. Ed intima.
Molti percorsi individuali o di coppia terminano quando ci si può dire serenamente il proprio vissuto senza timori che le cose dette sembrino attacchi e le cose non dette rimangano aspettative implicite. Terminano con successo quando ognuno diventa capace di prendersi cura delle proprie emozioni, contenendole, prima di essere reattivo a quelle dell’altro. Le esperienze che incoraggio a fare attraverso Parliamone (per capirci meglio), vanno tutte in questa direzione: imparare a comunicare definendo noi stessi e aprirci ad ascoltare ed accogliere le differenze dell’altro.
Mettere confini, scegliere e incontrarsi nelle differenze
La questione dei vasi comunicanti si poggia sul principio -fisico- che quando s’introduce un liquido in un contenitore, il livello si alza in tutti; ogni contenitore non sceglie per se stesso cosa accogliere e fino a quale livello: si adegua e si uniforma. Nelle relazioni, grazie al cielo, non è cosi (e se lo diventa è pericoloso perché diventiamo fusionali, e anche confusi!): diventiamo intimi quando esplicitiamo i nostri confini e li presentiamo all’altro. Quando possiamo incontrarci grazie alle nostre differenze. Quando possiamo scegliere cosa accogliere dell’esperienza dell’altro e cosa no, come si racconta in quel celebre dialogo di Buddha con un suo alunno:
«Se io ti regalo un cavallo e tu non lo accetti, di chi è il cavallo? ». L’alunno, dopo aver tentennato per un istante, disse: «Se io non lo accettassi, il cavallo continuerebbe ad essere vostro, maestro».
“E’ corretto, ed è quello che succede con la rabbia. Se ti arrabbi con me ed io non mi offendo, non me la prendo (la tua rabbia), rimane tua.
E tu che esperienze hai su questo tema? Ti capita di lasciarti coinvolgere e travolgere dalle emozioni altrui? Come te la cavi in questi casi? Raccontami se ti va o inizia ad ascoltarti per non lasciare contagiarti automaticamente perchè ormai lo sai: non è possibile senza il tuo consenso.
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