Quando Alice mi racconta la ragione per cui arriva da me dice cosi: “se analizzo ogni singolo elemento della mia vita, ho tutto quello che vorrei. Però poi mi sento triste e insoddisfatta. Perché mi succede? Non dovrei sentirmi cosi!”. Man mano che prosegue il suo racconto mi spiega tutte le ragioni -logiche- per cui dovrebbe essere felice.

Razionalmente insomma, la tristezza non ha motivo di esistere in quel momento della sua vita. “Sono triste senza un motivo” dice.

Una ragione valida per essere tristi

Molte volte non siamo a nostro agio con le emozioni che sentiamo: non le riconosciamo, non ci diamo il diritto di sentirle. Anzi, sorge dentro di noi un rimprovero per il fatto che sentiamo qualcosa di diverso da quello che ci aspetteremmo di sentire o che vorremmo sperimentare in quella situazione. A volte ci giustifichiamo con gli altri se siamo giù di morale, altre volte diciamo di non riconoscere chi siamo diventati perché il nostro umore ci fa conoscere qualche aspetto di noi che non ci piace. In altri momenti la nostra unica preoccupazione è quella di capire come superare i momenti no e ci sforziamo a reagire velocemente. Quando ci è permesso allora di essere tristi? qual è una ragione valida per accettare la tristezza nella nostra vita? Forse non è utile cercare fuori i buoni motivi della tristezza. Non abbiamo bisogno di essere autorizzati ad essere tristi. La tristezza, come tutte le emozioni, sorge spontaneamente in risposta a qualche esperienza che stiamo vivendo e ci permette di fare i conti con le piccole o grandi perdite della nostra vita. È un segnale potente che possiamo ascoltare per scoprire di cosa abbiamo bisogno. Ci offre la possibilità di essere acuti e riflessivi rispetto alla nostra fame di senso.

Decifrare la tristezza con fiducia

Quando ci diamo la possibilità di accogliere ed esplorare la tristezza, senza giudicarci per il fatto di sperimentarla, ci apriamo alla possibilità di scorgerne il senso. Possiamo scoprire cosa ci manca e da cosa ci stiamo faticosamente separando. Oppure possiamo accorgerci che indugiare nella tristezza è per noi un rifugio preferibile -anche se spiacevole- che ci serve ad evitare qualcos’altro. A volte la nostra tristezza ci permette di evitare di sentire ed esprimere la nostra rabbia. Avvicinarci alle nostre emozioni con fiducia ci aiuta a decifrare i nostri bisogni e ci indica come possiamo prendercene cura.

Il bello di toccare il fondo è che è duro. Si scopre la parte solida di se stessi. La parte che non può rompersi. Quello che, con un certo sentimentalismo, potremmo chiamare “anima”. Quando scendere ancora più in basso è impossibile, vuol dire che abbiamo trovato il terreno solido su cui poggiano le nostre fondamenta. E possiamo ricostruirci, da capo. [Parole di conforto, Matt Haig]

Se vuoi approfondire questo tema per imparare a superare la tristezza vivendola, puoi partecipare ai nostri appuntamenti mensili su Zoom. Il 26 Novembre parliamo di “Tristezza: come superarla, vivendola”: se vuoi partecipare puoi iscriverti qui per ricevere il link.

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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