Ricominciamo ogni giorno la nostra impresa di vivere alla ricerca di equilibrio e serenità ma per qualche strana ragione all’inizio dell’anno ne siamo più consapevoli. C’è un grande carico emotivo e di aspettative intorno alla fine e l’inizio dell’anno. Cosi affiorano dentro di noi una sequela di buoni propositi, desideri del cambiamento che vorremmo realizzare dentro di noi e intorno a noi. Quanto è lunga quest’anno la lista di buoni propositi? Quanto sentiamo forte la motivazione a intraprendere un cambiamento? Indugiamo più nella fase dell’espressione dei desideri o siamo piuttosto pratici e li trasformiamo subito in obiettivi da raggiungere e timeline da rispettare?

Prima dei buoni propositi, ascolta l’intenzione

Con i buoni propositi di inizio anno possiamo rischiare di metterci sotto stress stanziando -con la mente- delle aspettative su di noi e sugli obiettivi e risultati che vogliamo raggiungere. Spostandoci sul futuro e sul fare meglio, possiamo alimentare la nostra severità; rischiamo di depistarci se non lasciamo precedere la formulazione dei propositi da un momento di ascolto profondo di ciò che è realmente possibile per noi, con le risorse che abbiamo proprio ora, in questo preciso momento della nostra vita. Se non ci connettiamo con le nostre intenzioni profonde, possiamo oscillare dalla tendenza a metterci standard molto elevati a quella di demotivarci rapidamente e alimentare il rimprovero interno ogniqualvolta non portiamo a compimento le azioni che ci siamo proposti.

Gli obiettivi per essere realizzati prevedono delle azioni specifiche e se non le mettiamo in atto, facciamo l’esperienza di mancare il bersaglio o addirittura fallire rispetto a ciò che ci siamo pre-fissati.

L’intenzione invece è un’aspirazione intima, una bussola, un desiderio e un augurio profondo che sentiamo per noi stessi. Possiamo fermarci ad ascoltarla in ogni momento, ogni giorno, chiudendo gli occhi e ascoltando la nostra voce interiore che parla attraverso il corpo e le nostre emozioni. Possiamo fermarci e chiederci: cos’è davvero importante per me adesso? di cosa ho bisogno adesso e in questo momento della mia vita? cosa mi auguro per me e per chi mi sta vicino?

Le nostre intenzioni orientano le nostre scelte ma sono radicate nel presente e contengono la consapevolezza dell’incertezza: sono radicate e flessibili perché tengono conto sia dei nostri valori, sia dei nostri bisogni. In uguale misura.

Non c’è niente di male ad avere aspettative. È naturale averle: vogliamo essere meno stressati, meno arrabbiati, più presenti con i nostri figli, superare un momento difficile, ricucire lo strappo di una relazione, ritrovare la nostra forma fisica o combattere l’ansia. Va bene ma è utile incontrare le nostre aspettative esattamente per quello che sono e riconoscere cosa attivano dentro di noi, nel corpo e nella mente. Ci catapultano nella nostra modalità del fare (fare qualcosa per raggiungere quello che desideriamo) e abbiamo bisogno di bilanciare questa attitudine con il tempo per entrare nella modalità dell’essere, per sentire che effetto ci fa vivere quelle date esperienze. E che effetto ci fa fare spazio alla possibilità di non riuscire a cambiare o eliminare quell’aspetto spiacevole della nostra vita.

 

Coltivare il sé compassionevole

Nelle aspettative e negli obiettivi che ci poniamo c’è spesso la motivazione di migliorarci, ad essere di più in qualcosa; a lottare per combattere il disagio rimuovendo le cose spiacevoli. Peccato che nel farlo coltiviamo una sottile ostilità verso noi stessi: è come se ci dicessimo “se riuscissi a fare questo, sarei una persona migliore”. 

Avere degli obiettivi è meraviglioso ma è ancora più importante saper usare comprensione e affetto per noi proprio quando la strada per raggiungere i nostri obiettivi diventa accidentata e difficoltosa. Possiamo imparare a starci vicino e confortarci proprio quando non siamo performanti?

Se ci ascoltiamo nel presente, senza la testa troppo ingombrata di aspettative e di futuro, possiamo coltivare con gentilezza la voce compassionevole dentro di noi. Possiamo sostenerci quando siamo in difficoltà e, anziché rimproverarci per la sensazione di aver fallito, possiamo dirci “va bene, oggi è andata cosi, domani posso riprovarci”. Quando rimaniamo indietro possiamo ricordarci che non siamo chiamati ad essere perfetti, ma possiamo ricominciare ogni giorno a fare del nostro meglio. Perché siamo già abbastanza, vogliamo solo procedere un passo dopo l’altro la strada che abbiamo scelto per noi. O cambiarla. O fermarci a riposare per sentire se siamo ancora sulla rotta che sentiamo buona per noi.

Abbiamo bisogno di restituirci lo spazio e il permesso di ritornare a noi stessi e di essere semplicemente cosi come siamo, umani. A tratti solidi e performanti, a tratti incerti e vulnerabili.

Come dice Poema Chodron:

Invece di sentirti a disagio per quello che sei, puoi scoprire il lato più saggio di te e anche quello più confuso. Puoi conoscere te stesso in tutti i tuoi aspetti: a volte perfettamente sano e col cuore aperto, altre volte completamente incasinato e disorientato. A volte siamo tutti un caso disperato. La meditazione ti dà la possibilità di conoscere te stesso sotto tutti questi aspetti.

[Poema Chodron in “Come meditare, guida pratica per fare amicizia con la propria mente”, Terra Nuova Edizioni ]

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Psicologa delle relazioni interpersonali. Amo accogliere e accompagnare verso il cambiamento le persone che attraversano un momento critico.

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