Prendersi cura della gioia
Abbiamo bisogno di darci un permesso: il permesso di stare bene. Di godere senza sensi di colpa. Di lasciarci contagiare dalla leggerezza senza la paura che ci renda superficiali.
Abbiamo bisogno di darci un permesso: il permesso di stare bene. Di godere senza sensi di colpa. Di lasciarci contagiare dalla leggerezza senza la paura che ci renda superficiali.
Se bastasse arrabbiarsi con noi stessi per diventare persone migliori, saremmo tutti perfetti. Ma più spesso succede il contrario: ci blocchiamo, ci chiudiamo, ci convinciamo di essere difettosi.
Non ho tempo” è la risposta che più spesso ci diamo quando ci rendiamo conto di non aver dedicato abbastanza spazio a noi stessi…
La parola compassione in italiano ha effettivamente una connotazione che può essere ambigua, e in molti casi viene interpretata come una forma di pietà o commiserazione. Ma se andiamo al suo significato più profondo riguarda la capacità di avvicinare la sofferenza nostra e degli altri con l’intenzione di alleviarla.
Quando siamo in difficoltà il più delle volte non abbiamo parole comprensive per noi, al contrario ci sproniamo a fare meglio o ci rimproveriamo. Ma invece quali parole avremmo davvero bisogno di sentirci dire quando la fatica ci sfianca, quando stiamo affrontando una pagina dolorosa della nostra vita?
Possiamo rivolgere a noi stessi le parole che avremmo voluto sentirci dire o desidereremmo ricevere adesso?
Anche se ci fanno molto soffrire è difficile separarci dall’idea di avere qualcosa di sbagliato in noi, o dalla convinzione di non essere abbastanza, di essere cattivi o egoisti e facciamo soffrire qualcuno, o ancora di essere persone deboli, oppure difficili o troppo esigenti.
Queste narrazioni su di noi -anche se molto dolorose- tuttavia, possono offrirci un senso di sicurezza, di familiarità, di coerenza e continuità con la nostra storia: ci permettono di orientarci nella lettura della complessità e del continuo variare delle nostre relazioni.
Non so se possiamo chiederci di non lasciarci toccare dall’altro, penso invece che possiamo starci accanto mentre ci accorgiamo che l’altro, con le sue parole o comportamenti, ci conduce sottopelle, ad incontrarci nel nostro punto dolente.
Spesso non riusciamo a tenere insieme le diverse parti di noi che entrano in gioco in ogni stagione della nostra vita. Cerchiamo coerenza ma siamo molteplici. La verità è che cominciamo a stare bene e sentirci liberi quando iniziamo a fare spazio e offrire comprensione profonda a ciascuna parte di noi: siamo molteplici, fatti di tanti spicchi, siamo complessi e spesso ad un primo sguardo logico sembriamo contraddittori.